I diritti sociali e un nuovo modello di Welfare

Ogni anno l’Istituto Lanza, all’interno dei propri corsi, ripropone il tema dei diritti sociali e il 9 novembre la dott.ssa Simona Polimeni e l’avv. Angelo Marra hanno spiegato ai corsisti come nascono e come sono garantiti questi diritti, ed inoltre come sia possibile pensare un modello di Welfare alternativo e più sostenibile.

L’art. 3 della Costituzione italiana è a fondamento del nostro stato sociale, poiché sancisce che <<tutti i cittadini hanno pari dignità sociale>> e spetta alla Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che << impediscono il pieno sviluppo della persona umana>>.

La dott.ssa Polimeni ha ricordato la formale distinzione tra diritti “civili e politici”, che caratterizzano lo Stato liberale, e i diritti “sociali”, che invece caratterizzano lo Stato sociale.

Nella realtà, in una democrazia costituzionale, entrambi questi tipi di diritti sono fondamentali e in relazione tra loro: basti pensare all’importanza del diritto (sociale) all’istruzione per l’affermazione del diritto (civile/politico) alla libertà di pensiero.

Per questo non è da ritenersi preferibile né la sola idea dell’autodeterminazione del cittadino, libero di decidere della propria sorte secondo la propria responsabilità e il merito personale, né la mera redistribuzione dei beni da parte dello Stato, che rischia di degenerare nell’assistenzialismo.

Un nuovo modello di Welfare deve infatti occuparsi anche delle “relazioni” tra i consociati, della loro <<effettiva partecipazione>> all’organizzazione del Paese, e non solo della redistribuzione economica.

I diritti sociali – la cui rivendicazione da parte delle classi subalterne è emersa attorno alla metà del XIX secolo –  hanno dunque un obiettivo di tipo economico, coesivo ed emancipativo rispetto ad un assetto di potere diseguale, che non consente a molte persone di soddisfare autonomamente i propri bisogni.

Necessitano tuttavia dell’intermediazione del legislatore, di una prestazione attiva a favore del beneficiario.

I relatori hanno poi indicato le Carte dei vari ordinamenti – nazionale, sovranazionale e internazionale – in cui sono riconosciuti i diritti sociali: partendo dalla nostra Costituzione, il diritto al lavoro; la tutela della famiglia, dei figli; la protezione della maternità e dell’infanzia; il diritto alla salute, all’istruzione, ad un’equa retribuzione, all’assistenza per i lavoratori inabili; le libertà sindacali; la tutela del risparmio.

In via primaria è il nostro Stato a dover garantire questi diritti, ma per la loro concreta affermazione – secondo il principio di sussidiarietà – possono concorrere a provvedervi anche altri enti pubblici e privati.

Inoltre, altri soggetti “obbligati” sono i genitori (per l’istruzione dei figli) e il datore di lavoro (che deve garantire un’equa retribuzione).

I diritti sociali sono legislativamente e finanziariamente condizionati, ma il vincolo del pareggio di bilancio non deve far temere il blocco del Welfare, poiché – secondo l’interpretazione della Corte Costituzionale – i principi di solidarietà e uguaglianza sono “priorità costituzionali” imprescindibili.

Per un Welfare sostenibile e inclusivo si potrebbe ipotizzare una riduzione delle spese militari. Sono inoltre previsti dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) che devono essere garantiti.

Come normativa sovranazionale sono stati citati: la Carta di Nizza -Strasburgo, il c.d. PEDS (Pilastro Europeo dei diritti sociali), l cui art. 14 sancisce il diritto al reddito minimo, la Carta Sociale Europea, le Convenzioni ONU sui diritti umani.

 

Non a torto l’avv. A. Marra, fra l’altro, ha sottolineato che per garantire l’effettività di tali diritti non bastano i soli e formali riconoscimenti “giuridici”, ma è necessaria una mobilitazione “dal basso” che ne rivendichi la concreta realizzazione, oltre che un’attiva partecipazione politica e sociale dei cittadini.

Stefania Giordano