Il dilemma dell’euro

Lo storico dell’economia Andrea Filocamo, il 19/11/2016 ha discusso con i corsisti dell’ISFPS Mons. A. Lanza di prospettive di riforma in Europa al tempo della globalizzazione economica, sia nell’ottica del cambiamento dell’Unione per superarne la crisi di democrazia, che sotto il profilo delle riforme interne imposte all’Italia.

Dalla metà degli anni settanta del XX secolo si può parlare di “terza globalizzazione”, intendendo con ciò la libertà di movimento di capitali, merci e lavoro (con i capitali che si muovono più velocemente). Questo sistema economico, vantaggioso secondo le teorie neo-liberiste per le notevoli possibilità di investimenti, ha portato in realtà a manovre speculative (vedi bond argentini e derivati) e alla erosione delle politiche di welfare proprie degli Stati sociali.

Come scrisse Papa Benedetto XVI nella Caritas in Veritate: «il mercato ha stimolato forme nuove di competizione tra Stati […] Questi processi hanno comportato la riduzione delle reti di sicurezza sociale in cambio della ricerca di maggiori vantaggi competitivi nel mercato globale, con grave pericolo per i diritti dei lavoratori, per i diritti fondamentali dell’uomo e per la solidarietà attuata nelle tradizionali forme dello Stato sociale».

Dopo aver spiegato il legame tra globalizzazione e crollo dei salari, Filocamo ha evidenziato le problematiche all’interno dell’eurozona conseguenti all’introduzione della moneta unica: per recuperare competitività, non essendo più possibile una svalutazione della moneta nazionale, si diminuisce il costo del lavoro, a svantaggio dei cittadini. Basta considerare le riforme del lavoro in Italia degli ultimi vent’anni (Pacchetto Treu, L. Biagi, Riforma Fornero, Jobs Act). Inoltre la “moneta unica europea” distorce il mercato del credito, abolendo il rischio di cambio. La crisi economica, infatti, è stata causata più dall’indebitamento privato che dal debito pubblico.

Altro grosso problema è l’imposizione (di marca tedesca) delle politiche di austerità, con drastici tagli alle spese pubbliche e aumento delle tasse.

Le riforme ipotizzabili nel quadro dell’Unione Europea dovrebbero essere: a) una maggiore coesione politica, di tipo federale, tra gli Stati membri; b) l’unione fiscale fra gli stessi; c) la costituzione di un debito pubblico europeo (bond europei).

Tali soluzioni, tuttavia, secondo il relatore non sono politicamente praticabili e quindi formula l’ipotesi, solo apparentemente tranchant, di un ritiro dall’euro, il cui costo potrebbe essere – a suo avviso – assorbito in un paio d’anni.

Stefania Giordano

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