La nostra Temperie tra “Vincitori e Vinti”

Vincenzo Musolino

Non cambia l’analisi se si guarda al quadro politico interno o a quello internazionale.
La crisi è tale che si riflette uguale su tutti gli scenari.

Mondo e “Patria” non si distinguono per l’uguale centro di (dis)orientamento condiviso:
la contingenza, l’incertezza, l’assenza di paracadute spirituale e di stampelle morali condivise.

Cosa abbiamo dunque sotto gli occhi, quali i fenomeni “vuoti” privi di “cosa in sè? Quali le speranze – spes contra spem – ancora attive per la riforma?

Queste:
L’umiliazione del diverso, il fanatismo dei giusti, la paura della gente comune, la viltà dei burocrati, la fede cieca degli appassionati, lo specchio degli uguali, lo scetticismo dei persuasi, l’amor di Patria, il nazionalismo, le identità escludenti, il nemico, la giustizia, il diritto, i giuristi, le procedure, i valori, i clerici, la colpa, l’ordine costituito, l’ordine nuovo, l’unità, il pluralismo, le differenze, l’omogeneità, la conoscenza, il difetto di conoscenza, gli occhi e le orecchie chiuse, l’emigrazione interna, la fuga dei cervelli, l’approdo dei corpi senza vita, il processo dei vincitori, le sentenze contro i vinti, le ragioni, i torti, il semplicismo manicheo, l’aggressione, la difesa, la pace, il trattato, l’accordo, la violazione dell’accordo, il futuro oltre l’odio, l’amore politico, il giudizio eterno, il giudizio statale, il giudizio di coscienza, la pena eterna, la pena di morte, il carcere, la morte per pena, gli interessi, i soldi, il potere, i potenti che si somigliano, i paranoici, le vittime, i bambini, il grande vecchio, il sesso, la sterilizzazione, i forni, le fosse, il gas, gli omicidi seriali, il genocidio, il presente, il ricordo che non passa, il tormento, la speranza.

La complessità regna sovrana e non èil tempo della moderazione, nel bene e nel male la “radicalità” delle posizioni giunge all’estremizzazione, sfonda il contesto politico liberale per approdare agli istituti, giuridici e teologici allo stesso tempo, dell’ hostis humani generis, della “guerra giusta”, della criminalizzazione dell’avversario, della deposizione delle forme multilaterali e “universali” della composizione – tra pari – del conflitto.

Risultano di nuovo disponibili le armi di annientamento, le dottrine sul nucleare si aggiornano:
si passa dall’ uso solo difensivo alla possibilità dell’atomica di attacco per le esigenze proprie della “Nazione”, nuovamente intesa come patrimonio escludente e assorbente – allo stesso tempo “aggressivo” – di spirito, lingua, cultura, storia, destino segnato.

Il futuro – le future generazioni -, la decisione per una nuova “strada”, per la messa in discussione della storia per come si è realizzata – davvero senza razionalità presunta – vengono rifiutate come “errori”, tradimento, relativismo valoriale, debolezza “occidentale”. Conta solo ciò che è, lo status quo di un Potere in battaglia per strutturare ciò che sembra crollare sotto i colpi del “dover essere”, della spinta al salto, al cambiamento.

Le donne, i giovani, sono ormai le vittime sacrificali di ciò che è “estremo”:
confini, muri, filo spinato, blocchi navali, asilo e cittadinanza negata, sono il colpo di coda di un vecchio animale ferito, l’ultimo lascito di generazioni atterrire dal “nuovo”, nemiche di ciò che è di tutti e “universale” (come gli “esistenziali” della libertà e della giustizia), al riparo di una “tradizione” sempre più ristretta, tutta concentrata sul proprio ombelico, continuamente rivitalizzata dall’odio dell’unica categoria de “il politico” (terribile “neutro” schmittiano) ormai comprensibile: l’associazione/dissociazione amico nemico.

Come è da sempre, l’arte più aiutarci a comprendere, a collegare le fasi storiche diverse in un’unità sintetica illuminante e liberatoria.

Ciò che è accaduto e che per decenni sembra davvero “passato”, può risorgere – oggi – come possibilità e frattura, come un fiume carsico risorgivo.

Fino a venti anni fa a chi importava più della vita europea tra il 1945 e il 1949? Dei tedeschi alle prese con l’elaborazione della “colpa”? Dei processi contro i burocrati dello sterminio, della banalità del male?

Oggi, invece, tutto torna e quella temperie è uno specchio.

Ed ecco l’arte, la settima, che ci viene in soccorso. Andrebbe proiettato in tutti i parlamenti, nelle stanze governative, a principio di ogni summit:
“Vincitori e vinti” (Judgment at Nuremberg) è un film del 1961, diretto da Stanley Kramer.

La pellicola tratta del terzo dei dodici processi per crimini di guerra che gli americani organizzarono a Norimberga. Il cast è straordinario: Spencer Tracy – Giudice Supremo Dan Haywood -, Burt Lancaster – Dottor Ernst Janning -, Richard Widmark – Colonnello Tad Lawson -, Marlene Dietrich – Sig.ra Bertholt -, Maximilian Schell – Hans Rolfe -, Judy Garland – Irene Hoffman Wallner – e un insuperabile Montgomery Clift, nei panni di uno “sterilizzato” per motivi politici.

Sul film, dietro le parvenze di Ernst Janning, aleggia la figura reale di Carl Schmitt, il giurista del Reich (non solo del Terzo ma anche e soprattutto di Weimar),
Trattenuto e interrogato dagli Americani per tredici mesi nel campo di internamento di Berlino, tra il 1945 e il 1946, nuovamente arrestato nel 1947 e rinchiuso in una cella del penitenziario di Norimberga. Carl Schmitt si dovette difendere dall’accusa infamante di crimini di guerra per aver piegato la Scienza Giuridica al servizio della Dittatura; rivendico’ sempre la propria innocenza e la “pericolosità” insita nel ruolo di giurista nel corso di una sostanziale guerra civile; alla fine fu rilasciato: incombeva un nuovo pericolo, il nuovo nemico “bolscevico”.

Non è il processo di Norimberga contro i capi sanguinari, contro chi “sapeva” tutto e aveva organizzato perfettamente lo sterminio, è il processo contro i giudici, i dirigenti, gli amministratori, gli uomini delle “carte”, degli accordi, delle denunce e dei mandati di cattura, delle espulsioni, delle esclusioni, della perdita di cittadinanza, delle certificazioni di “idiozia”, diversità, abnormità, infedeltà, eterodossia.

Non c’è ancora il sangue che gronda ma la costruzione – con tutte le autorizzazioni e i permessi a posto – del mattatoio.

Ci siamo di nuovo in mezzo.