L’ 11 gennaio 2018, l’avv. Angelo Marra, dottore di ricerca in diritto civile, ha esposto ai corsisti dell’ISFPS Mons. A. Lanza una relazione dal titolo Sviluppo inclusivo su base comunitaria: uno strumento di empowerment per la Calabria.
Partendo dal tema centrale del corso Sud: restare o andarsene il relatore – che ha vissuto diverse esperienze all’estero in qualità di ricercatore, chiedendosi se sia un dovere rimanere legati alla propria terra d’origine pur in presenza di forti ostacoli ad una piena realizzazione personale – ha confermato la necessità di provare ad impegnarsi per migliorarne le condizioni, ma senza colpevolizzare chi sceglie la via della partenza, poiché ciascuno di noi è cittadino del mondo prima di essere calabrese o italiano o europeo.
L’avv. Marra, esperto (anche per esperienza personale) in Disability Studies, ha scelto di restare in Calabria per occuparsi di diritti umani e inclusione sociale delle persone con disabilità. Tra i tanti problemi del Sud – non ultima la criminalità organizzata che, oltre ad inquinare le attività economiche, rappresenta un ostacolo ai diritti di cittadinanza e sovranità sul territorio – il relatore ha sottolineato lo scarso “senso di comunità” e una diffusa “sfiducia nel futuro”, non percepito in modo ottimistico, e ciò è causa di disempowermed (termine anglosassone che indica la privazione di forze).
L’avv. Marra ha analizzato con una certa perplessità le pur buone soluzioni discusse negli ultimi anni (economia etica e solidale, decrescita, consumo critico, ecc.) constatando come, purtroppo, queste “vie d’uscita” non riescano a fare la differenza, a cambiare da dentro la realtà nella quale viviamo. Ciò perché – a suo parere – esse potrebbero funzionare solo in presenza di una maggioranza di persone, considerate talora “fuori dal comune”, spiritualmente orientate, dai forti valori etici e sociali.
Per questo, proponendo più un metodo concreto che un ideale astratto, ha spiegato in cosa consiste lo sviluppo inclusivo su base comunitaria: si tratta di un approccio strategico basato sui diritti umani, che deriva dall’esperienza della riabilitazione su base comunitaria avviata sin dagli anni ’80 dall’OMS, per erogare cure in contesti privi di infrastrutture. Questo metodo, che parte dallo “stato delle cose” e non da come le cose “dovrebbero essere”, funziona anche senza lo Stato di diritto, poiché prende avvio dalle comunità piuttosto che dalle istituzioni.
In assenza di servizi pubblici adeguatamente funzionanti, le comunità devono essere in grado di autorappresentarsi, animate dai principi di partecipazione e inclusione. Ciò vale nei diversi ambiti della vita: dalla salute, all’educazione, al lavoro.
La formazione allo sviluppo inclusivo prevede la conoscenza dei diritti, degli ostacoli presenti e delle possibili soluzioni. Si basa su alcune componenti-chiave, quali: il coinvolgimento dei diversi portatori di interesse; una buona documentazione e una diffusa informazione; esortazioni concrete, pratiche e verificabili; diffusione delle buone pratiche.
Tale strategia avvicina all’idea di “empowerment”, un concetto di crescita personale e di acquisizione di capacità che consentono l’attivazione di risorse individuali e auto-responsabilità: l’individuo, non più diretto da altri, agisce in prima persona, sia come singolo che nelle formazioni sociali ove è presente.
L’obiettivo finale è creare gruppi sociali coesi, che si confrontino sulle reali esigenze e creino dal basso un’“agenda politica” di comunità, impegnandosi attivamente per perseguire il bene comune.
L’avv. Marra ha provato a mettere in pratica questo metodo – un percorso di sviluppo inclusivo su base comunitaria – nella sua veste di coordinatore dell’Osservatorio Inclusione per le persone con disabilità dell’Ateneo reggino, al fine di favorire la partecipazione dei soggetti con disabilità all’interno della comunità accademica.
Stefania Giordano