Chiesa e povertà

Il 12/01/2018 il Can. Domenico Marturano ha discusso con i corsisti dell’ISFPS Mons. A. Lanza del tema “Chiesa e povertà”, commentando il paragrafo dell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium di Papa Francesco sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale dal titolo “il posto privilegiato dei poveri nel Popolo di Dio” (nn. 197-201).

Per la Chiesa l’opzione preferenziale per i poveri è una categoria teologica prima ancora che filosofica o politica e tutta la storia della salvezza indica la scelta di Dio per persone umili, non pienamente realizzate, per popoli soggiogati dalla schiavitù (dal patriarca Abramo, al popolo ebraico schiavo in Egitto, fino a Maria e Giuseppe e allo stesso Gesù). Un momento culmine nel cammino della redenzione, descritto in particolare nel Vangelo di Luca, è l’esperienza di Maria che accoglie pienamente la Parola di Dio: ad un’umile donna, convinta di essere nata nel peccato, viene dato l’annuncio della nascita del Liberatore dell’intera Umanità. L’Angelo dell’Annunciazione non venne inviato all’imperatore Augusto per introdurre il Figlio di Dio nella storia “attraverso il potere”, ma in un piccolo paese periferico della Palestina per partire “dal basso”. Anche il metodo di Gesù non sarà quello di imporre, ma quello di instaurare relazioni umane, di incontrare gli uomini, agendo per la loro salvezza.

Nel popolo ebraico i poveri erano una categoria spirituale: i “poveri di Dio”, fiduciosi nel Suo operato, non aspettavano più il Messia re o scriba, potente e riformatore della legge, ma attendevano il Messia che avrebbe riscattato l’uomo dalla schiavitù del peccato (e per questo diventano “beati”).

È un fatto che Dio “scelse” persone povere come collaboratori per la salvezza: il Salvatore nacque in una mangiatoia, venne presentato al Tempio con due piccioni poiché i genitori non potevano permettersi il sacrificio di un agnello, visse gran parte della sua vita a Nazareth a svolgere l’umile lavoro di falegname come il padre. Egli condivise la condizione dei più poveri, si identificò con loro e portò loro l’annuncio di liberazione: i suoi miracoli furono rivolti agli esclusi dal regno messianico, ai sofferenti; nel discorso della montagna dichiarò, infatti, “Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio” (Lc 6,20); ad essi è rivolta la prima opera di misericordia.

Anche per questo nell’ Enciclica il Papa scrive: “desidero una Chiesa povera per i poveri […] “è necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro […] Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli” (n. 198). Una vera teologia (e prassi di aiuto) dei poveri deve essere una scelta comunitaria, non lasciata alla buona volontà dei singoli. L’impegno prioritario è l’”attenzione” collettiva rivolta all’altro più debole. Ciò “differenzia l’autentica opzione per i poveri da qualsiasi ideologia, da qualunque intento di utilizzare i poveri al servizio di interessi personali o politici” (n. 199). Il Papa ha sottolineato, di conseguenza, che i poveri devono sentirsi in Chiesa come se fossero a casa loro.

Ma, a ben vedere, “la peggior discriminazione di cui soffrono i poveri è la mancanza di attenzione spirituale” (n. 200). Per quanto necessaria, non basta dunque la sola “organizzazione” a sostegno dei più poveri: affinché l’uomo non si auto-illuda di bastare a se stesso, serve la vicinanza con gli ultimi e la fede nella provvidenza divina.

Infine, “nessuno può sentirsi esonerato dalla preoccupazione per i poveri e per la giustizia sociale”, quali che siano le sue scelte di vita (n. 201). Sicché non si può più attendere per risolvere le cause strutturali della povertà, in gran parte legate al liberismo dei mercati e alla speculazione finanziaria. Purtroppo l’ingordigia, l’iniquità e l’assenza di responsabilità (di fronte al bene generale) sono la “radice dei mali sociali”.

Stefania Giordano