Conoscere il volto dell’immigrazione in Italia e superare falsi pregiudizi su questo fenomeno. Il Dossier statistico 2009 sull’immigrazione promosso dalla Caritas italiana e dalla fondazione Migrantes si rivela uno strumento prezioso in tal senso. L’incontro di presentazione del XIX Rapporto sull’Immigrazione, avvenuto al palazzo della Provincia di Reggio, è stato un momento chiarificatore per evidenziare dati rilevanti e dissipare luoghi comuni legati a questa realtà. L’evento è stato promosso dall’Istituto di formazione politico sociale “Mons. Lanza” – presente con il suo direttore, il prof. Francesco Manganaro – dalla Fondazione Migrantes rappresentata dal direttore nazionale Mons. Giancarlo Perego e dal direttore diocesano don Francesco Mazzone, insieme alla Caritas – rappresentata dal direttore diocesano don Nino Pangallo.
Ricchissimo di dati statistici, il dossier ha fatto luce su molti aspetti che sono spesso ingigantiti dalla paura e dal pregiudizio, alimentati da una informazione poco aderente alla realtà. Monsignor Perego ha espresso il desiderio che si superino i pregiudizi che legano l’immigrazione alla criminalità, alla clandestinità e alla estraneità. I dati, infatti, smontano questa percezione e aiutano a leggere il fenomeno come una presenza che sta qualificando le relazioni del nostro paese. Ciò che colpisce non è tanto la presenza sul nostro territorio di 198 nazionalità e 150 lingue diverse – con il conseguente problema della gestione positiva di questa diversità che è anche una ricchezza – quanto piuttosto la provenienza degli immigrati: metà della popolazione immigrata viene da Paesi europei, e in secondo luogo da Stati della Comunità. La maggiore concentrazione si riscontra in Lombardia, in Veneto e nel Lazio, mentre in Calabria sono circa 60 mila gli immigrati, un terzo dei quali risiede a Reggio. Sul fronte della pressione degli irregolari, si nota che gli sbarcati sono solo l’1% della popolazione totale.
Nell’ultimo anno si è creato una sorta di muro che ha limitato di un terzo gli sbarchi rispetto al 2008. Un altro dato che fa riflettere è la crescita delle rimesse, che ammontano a circa 6 miliardi di euro. «Chi fa cooperazione allo sviluppo – ha affermato Monsignor Perego – sono i lavoratori poveri, che mandano ogni mese 100-150 euro nei loro paesi d’origine. Mentre l’Italia destina solo lo 0,03% del PIL per la cooperazione». Un elemento impressionante riguarda i versamenti contributivi degli immigrati all’Inps, pari a 7 miliardi di euro: senza i lavoratori immigrati non si potrebbero pagare le pensioni agli Italiani. Altri pregiudizi da smontare sono legati alla fede professata: oltre la metà degli immigrati è di religione cristiana, mentre diminuisce la presenza dei musulmani. Circa l’equazione immigrato uguale criminale, il dossier evidenzia che non c’è corrispondenza fra crescita della popolazione immigrata e aumento di reati. L’80% dei reclusi è in attesa di giudizio, e nella comminazione della pena si riscontra una diversità di trattamento rispetto ai cittadini italiani, da parte del sistema giustizia.
Mons. Perego ha poi spiegato l’urgenza di investire nell’incontro e nella relazione, perché solo nella relazione c’è la verità, mentre dalla distanza nascono pregiudizi che non aiutano a costruire la società e la città come una casa comune, ma la fondano sulla separazione, su visioni e falsità. Altrettanto importante è non alimentare la paura altrimenti l’effetto è quello di innescare la violenza, in casa e fuori, e di far crescere una serie di discriminazioni. «Il problema oggi – ha dichiarato Mons. Perego – è culturale. Occorre costruire una informazione che superi la paura e dia il volto reale di un fenomeno che ci accompagnerà per decenni e cambierà l’Italia». Le linee su cui occorre muoversi, allora, sono la solidarietà e la conoscenza, che aiutano a inserirsi in percorsi che possono costruire città nuove, e offrono una possibilità di stare insieme.
Il direttore di Migrantes ha spiegato che la Fondazione si sta battendo per la riforma del servizio civile che coinvolga anche gli immigrati, per farli crescere nella logica dei doveri. Ha chiesto, inoltre, che venga riformato il percorso burocratico che porta al permesso di soggiorno, per accorciare i tempi del rilascio ed evitare che gli immigrati cadano in percorsi di sfruttamento e di precariato. La fondazione ha lamentato una carenza circa l’accompagnamento ad alcuni diritti fondamentali, quali quello alla salute (due immigrati su tre, benché regolari, non possiedono il medico di famiglia); e si sta impegnando affinché venga riconosciuto il diritto al riposo, insieme al diritto di voto per le amministrative. Ricordando, infine, alcune discriminazioni palesi: a parità di lavoro un immigrato percepisce il 30% in meno rispetto a un italiano (il 40% in meno se è una donna). La politica e la comunità civile, di fronte a questi dati, non devono innalzare nuovi muri e creare esclusione sociale, ma devono costruire nuove relazioni.
Anche secondo don Antonino Pangallo, questo fenomeno non deve essere trattato solo dagli specialisti, ma coinvolge la comunità ecclesiale e quella civile. È una provocazione per tutti e una sfida positiva. «Oggi ciò che appare come un motivo di trepidazione ed è usato da alcuni come capro espiatorio per scaricare paura e tensioni, è invece l’inizio di un mondo nuovo che dobbiamo cominciare a capire».
Padre Franco Mazzone ha riportato l’esempio di tante esperienze pastorali basate sull’incontro e la conoscenza reciproca. Feste dei popoli, scambi culturali, progetti da realizzare insieme sul territorio, registrano la partecipazione attiva dei migranti e accrescono la consapevolezza che l’altro non è un estraneo, né un nemico, ma un uomo che fa parte della nostra città, della nostra vita e della nostra storia.
Il professore Manganaro, infine, ha auspicato un cambio di mentalità e un investimento nelle relazioni e nell’incontro. Necessaria appare la valorizzazione delle esperienze sul territorio, e la riscoperta della nostra tradizione culturale dell’accoglienza. Senza dimenticare che come comunità civile dobbiamo assumerci l’impegno di reintegrare la verità, smontando la percezione di pericolo dello straniero, che si fonda sulla cattiva conoscenza e mistificazione dei dati reali.
Vittoria Modafferi