Informazione e mass media

Informazione e mass media. Internet ed evangelizzazione. Quali scenari si aprono per la pastorale nell’era digitale? E come sono considerati dalla Chiesa i nuovi mezzi di comunicazione? Su questi aspetti si è soffermata la prof.ssa Francesca Panuccio – direttore dell’Istituto – durante una lezione alla scuola di formazione politica “Mons. Lanza”.

La docente ha inizialmente osservato che il Compendio della dottrina sociale della Chiesa definisce l’informazione come uno “tra i principali strumenti della partecipazione democratica”. Non è pensabile – prosegue il documento – alcuna partecipazione senza la conoscenza dei problemi della comunità politica, dei dati di fatto e delle varie proposte e soluzioni. Tuttavia, secondo il magistero, è necessario assicurare un adeguato pluralismo, garantendo molteplicità di forme e strumenti nel campo dell’informazione e comunicazione, agevolando condizioni di uguaglianza nel possesso e nell’uso di tali strumenti. Gli ostacoli al pluralismo – identificabili come un’ipotesi di degenerazione – sono la concentrazione editoriale e televisiva (che producono un’informazione “orientata”) e i legami tra le attività di governo, l’informazione, e i poteri finanziari.

Quanto ai mezzi di comunicazione sociale, sono visti dalla DSC come uno strumento per edificare e sostenere la comunità umana in vari settori. L’informazione, infatti, è al servizio del bene comune e i mass media dovrebbero provvedere a garantirlo. La società, dal canto suo, ha il diritto di avere un’informazione fondata sulla verità, sulla libertà, sulla giustizia e solidarietà. Se fosse realmente così, quindi, l’informazione avrebbe lo scopo di arricchire ed elevare la persona, di renderla migliore, cioè più matura spiritualmente, più cosciente della dignità umana, più responsabile ed aperta ai poveri, agli ultimi. Il sistema informativo, perciò, dovrebbe tendere a migliorare ogni persona nella proiezione con gli altri.

Ma – si è chiesta la docente – davvero possiamo affermare di avere una informazione pluralista e basata su questi valori? È indubbio che la politica della comunicazione (cioè la diffusione delle informazioni) può portare ad una maggiore partecipazione al processo decisionale. Una persrona che si forma secondo i valori di giustizia, verità, partecipa in modo diverso al processo decisionale, ma ciò accade solo se i mass media sono gli strumenti che hanno come fine la persona e la comunità umana. Per quanto riguarda le nuove tecnologie, la dottrina sociale della Chiesa negli ultimi anni vi ha prestato molta attenzione, evidenziando il rispetto delle legittime diversità culturali. A tal proposito, le aree in cui queste differenze dovrebbero operare riguardano: il messaggio della comunicazione, il processo della comunicazione (che spesso è veicolata o indirizzata) e la distribuzione delle tecnologie e prodotti sofisticati. Su quest’ultimo punto si è osservato che non tutti hanno accesso alle informazioni. E l’assenza di informazione produce un aumento del divario digitale, una spaccatura tra chi è ricco e chi è povero di informazione. Infatti, una cattiva distribuzione delle ricchezze tecnologiche e della comunicazione del know how, può accrescere la disuguaglianza digitale. Così, quell’aspetto di democrazia e uguaglianza che si potrebbe raggiungere con le tecnologie informatiche, in realtà non si concretizza se i soggetti non hanno accesso alle conoscenze e alle tecnologie.

Quanto alle opportunità offerte dai nuovi media, gli organi episcopali europei ne hanno preso sempre più coscienza. La stessa commissione episcopale europea per i media ha segnalato una serie di orientamenti di politica mediatica, stabilendo per la prossima giornata delle comunicazioni sociali il tema: “Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale. I nuovi media a servizio della pastorale”. In concreto si è preso atto che i mezzi di comunicazione diventano sempre più uno spazio sociale e culturale e che a internet non sfuggono le pratiche religiose. C’è in effetti un proliferare di grandi network religiosi che deve essere seguito con attenzione. Lo stesso Benedetto XVI ha affermato che la Santa Sede nell’avvenire dovrà prestare maggiore attenzione a questa fonte di informazione.

Mentre certi autori che si sono occupati del mondo di internet lo hanno definito come un rilevatore, paragonandolo a un missionario che parte per evangelizzare. Dunque, se la rete offre spazi di evangelizzazione, è opportuno che l’operatore pastorale conosca il linguaggio digitale e che il sacerdote si circondi di laici competenti per creare siti parrocchiali o movimenti. La Chiesa ha preso coscienza della necessità di abitare questa realtà educativa, partecipando con impegno fattivo e coraggioso. Non è logico che si tiri fuori da questa sfida “spegnendo il computer”, ma è giusto che usi tutte le occasioni offerte dalla rete per veicolare contenuti coraggiosi, messaggi di evangelizzazione. Nella logica pastorale che sta avanzando si sente la necessità di andare dove sono le persone, e di avvicinarsi al mondo dei giovani. Che spesso usano i nuovi mezzi di comunicazione spinti dal desiderio di relazionarsi con gli altri, soprattutto con i loro coetanei. Ecco allora, che la rete può diventare un utile strumento per avvicinare l’uomo alla fede. Attraverso, ad esempio, il sito cristiano che si occupa del mondo, cerca di non parlare in politichese, evita di essere un ideologo che tenta di imporre la propria verità, ma è invece aperto al dialogo.

Il web, in conclusione, è visto come un universo culturale in continua espansione. Ed è anche e persino tensione ed azione missionaria, che si compie attraverso una proposta esistenziale e spirituale.

 

Vittoria Modafferi