In occasione del terzo incontro della Cattedra del dialogo – promosso dalla Pastorale Universitaria, dal Meic e dall’ISFPS A. Lanza – il 16 marzo il giornalista Mimmo Nunnari, partendo dal titolo del suo ultimo libro, ha spiegato la necessità di tornare a narrare in maniera obiettiva la Calabria, Regione da lui stesso definita “anomalia dell’Occidente”.
Occorre reagire ad un’opinione pubblica nazionale che la descrive solo in termini negativi, come una terra “irredimibile” e “smarrita”, senza valutarne le potenzialità, le forze positive, gli esempi di non comune umanità. Persino durante l’ultima campagna elettorale nessun politico ha scelto di attraversare veramente la Calabria.
Per il relatore la Calabria ha alle spalle tremila anni di storia ma anche duecento anni di solitudine e una perenne inquietudine, nel contesto di un Paese dove spesso rappresenta un alibi per mettere in secondo piano i veri problemi nazionali (corruzione, ecc.). All’origine dell’unificazione nazionale, infatti, ad alcuni territori è stato assegnato il ruolo di zone da “sacrificare”, per consentire lo sviluppo di altre aree, ritenute più competitive e più vicine ai mercati internazionali. Altro errore è considerare il Sud come un unico territorio omogeneo, poiché tante sono le differenze.
Corrado Alvaro, tra i più grandi scrittori calabresi, in una conferenza nel 1931 disse: “Mi fu sempre difficile spiegare che cos’è la mia regione”. Sono stati citati altri autori, troppo poco studiati nella letteratura italiana, come Strati, La Cava, Repaci, Seminara, Altomonte.
Non sembra esserci in tutto l’Occidente un altro esempio di un’area così sotto-sviluppata all’interno di un territorio tra i più sviluppati d’Europa e, di fronte a quest’anomalia, gli abitanti non sanno ribellarsi.
La ‘ndrangheta rappresenta il male assoluto, la dittatura di una minoranza a scapito di una maggioranza di gente perbene che non può liberamente fare impresa e spesso neppure esercitare le libertà democratiche, poiché, a causa delle connivenze del sistema mafioso, diventa difficile persino scegliere per chi votare.
Secondo Nunnari è necessario far crescere civilmente e socialmente questa terra, altrimenti la gente calabrese continuerà a trovarsi di fronte solo due scelte estreme: partire o rimanere a vivere nell’incertezza, in un microcosmo difficile. L’esodo dalla Calabria ha provocato l’incrinatura dell’identità dei suoi territori e ne ha favorito la marginalità.
Mentre i calabresi – che certo hanno colpe – devono uscire dallo stato di rassegnazione e recuperare la loro dignità, dall’altra parte, per costruire il futuro, deve essere garantita l’equa applicazione dei diritti costituzionali, compreso il lavoro.Il dualismo Nord-Sud si può risolvere solo con l’ordinaria amministrazione e la garanzia delle pari opportunità per tutti. Già la Basilicata, la Puglia e parte della Campania stanno cercando di uscire dalla crisi, seguendo l’idea di sviluppo all’interno della propria Regione.
Il relatore, in conclusione, ha citato il prof. S. Zoppi, storico già presidente del Formez, secondo cui bisogna “riportare la Calabria nel cuore dello Stato e il senso dello Stato nel cuore dei cittadini della Calabria” e questa cosa viene considerata, come una grande presa di coscienza collettiva, una vera “riconciliazione” nazionale.
Opportunamente Nunnari ricorda infine – riprendendo un passo del suo libro, che raccoglie 50 anni di letture, relazioni e interrogativi – che l’uguale riconoscimento dei diritti della persona in tutti i territori della Nazione, è una questione di sopravvivenza per tutta l’Italia e non solo per la Calabria e le altre aree depresse.
Stefania Giordano