Il 18 novembre 2016, presso l’ISFPS Mons. A. Lanza, la dott.ssa Simona Polimeni, Dottoranda dell’Università Mediterranea, ha relazionato sul tema della “tutela dei diritti fondamentali nello spazio giuridico europeo”.
L’idea di Europa come costruzione di un mercato comune solo economico, e non anche sociale, e le conseguenti politiche di austerità che hanno colpito duramente i sistemi di welfare nazionali, ha portato alla crisi dell’Unione, testimoniata dalle recenti vicende della c.d. Grexit e della Brexit.
In questo contesto la tutela dei “diritti fondamentali” potrebbe essere un tratto identificativo per pervenire alla costruzione di un’identità culturale europea unitaria. Allo stato attuale, però, tale tutela all’interno dello spazio giuridico europeo, inteso come organizzazione sovranazionale, appare “multilivello” e spesso conflittuale. Il grado di tutela dei diritti fondamentali differisce perché ogni Stato ha una propria tradizione costituzionale: in Italia, ad esempio, la proprietà privata (che per la Cedu è un diritto fondamentale) ha un peso minore rispetto all’utilità sociale, mentre secondo la Costituzione belga non è possibile la confisca dei beni.
Nello spazio giuridico europeo il bilanciamento dei diritti non è sistemico (non tiene conto cioè dell’equilibrio da mantenere nell’intero sistema dei diritti costituzionalmente garantiti) e, pur non ignorando i diritti fondamentali (anche sociali), è funzionale agli obiettivi dell’Unione, cioè la realizzazione del mercato comune e l’espansione delle libertà economiche. Per questo, ad esempio, in alcune note sentenze, la libertà di stabilimento ha prevalso sul diritto di sciopero.
Dunque i conflitti che sorgono nell’ambito dei diritti fondamentali e che solitamente interessano gli organi giudiziari di massimo grado (Corti Costituzionali nazionali, Corte di Giustizia, Corte Europea dei Diritti dell’Uomo), vengono affrontati con tecniche di giudizio simili ma con esiti non sempre uguali. Sia la Carta sociale europea, che la Cedu che la Carta dei diritti fondamentali dell’UE riconoscono tuttavia il principio della tutela più favorevole.
È auspicabile una modifica dei Trattati che preveda: a) una più forte tutela dei diritti sociali e una visione solidaristica e cooperativa tra gli Stati Membri (contrapposta ad una visione competitiva); b) un aumento del potere del Parlamento Europeo (e quindi della democrazia europea); c) la gestione comune del fenomeno migratorio.
Ma la progressiva creazione dell’identità europea non può essere solo di natura istituzionale:
la rinascita, che tenga conto delle idee propugnate dai primi europeisti di Ventotene, deve partire dal basso. Dobbiamo cominciare a sentirci cittadini europei partecipi del comune progetto di un’Europa più solidale.
San Giovanni Paolo II, nel suo Discorso al Consiglio dei Ministri della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa del 30/11/1993, disse: “Mi viene spontaneo pensare che Europa voglia dire apertura”.
Stefania Giordano
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