Antonio è morto a Catania mentre riparava un ascensore, senza tutele; la divisa antinfortunistica se la doveva comprare lui (https://video.repubblica.it/edizione/palermo/morto-mentre-riparava-un-ascensore-i-genitori-la-divisa-antinfortunistica-doveva-comprarla-lui-basta-stragi-per-portare-il-pane-a-casa)
Non è un’eccezione.
Lavoro nero, grigio, lavoro insicuro, precario, sono tasselli di un mosaico complesso, sono legati.
Piccole imprese, piccolissime, incapaci di affrontare gli obblighi della “sicurezza”, sopravvivono lucrando sui diritti dei lavoratori: paghe sotto soglia di Contratto, finto part time, finti corsi e finte visite mediche per l’idoneità alla mansione.
L’intermediazione senza regole, poi – la mera fornitura di manodopera – fa capolino negli appalti di servizi, nelle Grandi Opere, annullando il ruolo del “vero” datore di lavoro, nascondendolo al riparo di un contratto simulato, attraverso sigle e nomi su una divisa che rappresentano solo una scatola vuota, un sistema per non pagare contributi, per ridurre lo stipendio, per svilire la prestazione di lavoro, negando dignità e orgoglio all’operaio edile, al bracciante, al banconista, al metalmeccanico.
Per tutto questo si muore sul lavoro … perché in realtà, troppe volte, non c’è la proposta di un “buon lavoro” e non ci sono “veri imprenditori”, manca l’orgoglio dell’intrapresa di qualità.
Non sono fatalità, non sono errori, non c’entra il destino:
c’entra la stanchezza dell’elemosinare il giusto;
c’entra la fatica della bugia, del fuori busta, del bonifico restituito;
c’entrano l’organizzazione che manca, i documenti svenduti e senza valore, la “sicurezza” trattata come un ostacolo da scansare;
c’entra l’incertezza del domani, il contratto da rinnovare, il buio della scadenza, dell’andato a male;
c’entrano le “assenze ingiustificate” in busta paga quando si lavora tutti i giorni, i festivi cancellati, gli straordinari invisibili, le tredicesime e le quattordicesime mai riconosciute.
Tutto questo accade, purtroppo, in Italia:
sono le forme diffuse, le fattispecie pervasive che producono povertà, economia di sussistenza, assenza di consapevolezza, arbitrio, violenza, morte.
Il Primo Maggio si avvicina e ci apprestiamo a festeggiare un assente, a commemorare un vuoto:
il Lavoro!
Quello sui cui “si fondava” la Repubblica, quello che attivava l’ascensore sociale, quello della dignità, della produttività, del progetto, del futuro.
Il Lavoro che è la ricchezza dell’Impresa, della famiglia, della scuola, della Società.
Il suo fantoccio, la sagoma sostitutiva di questi tempi tristi e disarticolati, è il “lavoro povero”, una contraddizione in termini reale, concreta, feroce come un operaio schiacciato sotto un ascensore che va solo giù, sempre più a fondo.