Il 10 ottobre 2019 è iniziato il corso del corrente anno sociale dell’Istituto Superiore di Formazione Politico-Sociale “Mons. A.Lanza”, con la prolusione del prof. Luigi D’Andrea, ordinario di Diritto Costituzionale all’Ateneo di Messina.
Alla presenza del Presidente dell’Istituto, S.E. Mons. Giuseppe Fiorini Morosini, del Direttore Prof. Antonino Spadaro, del Direttore dell’Istituto Superiore di scienze religiose Pasquale Triulcio, di alcuni presbiteri (Mons. A. Denisi, Padre S. Sala s.J.), di docenti universitari e di un pubblico attento che ha partecipato attivamente al dibattito, il prof. D’Andrea ha discusso dell’attuale situazione di disorientamento in politica e ha concluso con alcune riflessioni propositive, orientate dai principi della Dottrina Sociale della Chiesa e della Costituzione Italiana.
La crisi politica è evidente anche all’interno dei Paesi in cui la democrazia appariva consolidata, come l’Inghilterra e gli Stati Uniti; in Europa le classi politiche dirigenti faticano ad adeguarsi ai cambiamenti e l’ascesa dei populismi è il segnale della difficile convivenza civile e politica.
Il docente ha ricordato la definizione dell’archetipo politico liberal-democratico, ove il termine “kratia” rimanda a un sistema di potere e di governo di una comunità, che deve essere effettivo, deve cioè essere in grado di tutelare gli interessi e risolvere i problemi del popolo (demos). La parola “liberale” richiama invece alla limitazione del potere, per poter garantire la libertà degli individui e dei gruppi. La liberal-democrazia è infatti un potere “partecipato” dal popolo, poiché i cittadini prendono parte alle decisioni collettive. Altra caratteristica è il “welfare-state”, il cd. Stato sociale che deve sostenere gli interessi dei soggetti deboli. Questo modello, che comporta equilibri complessi tra società civile, istituzioni, partiti, non appare più l’unico modello dominante: le potenze emergenti a livello globale, la Cina e la Russia, non sono infatti liberal-democratiche.
Sono poi stati analizzati i principali fattori di crisi sia interna che geo-politica: la lunga crisi economico-finanziaria del 2008 che ha eroso il ceto medio; le conseguenze della globalizzazione e l’individualismo derivato dai processi di disintermediazione. L’interconnessione delle aree del mondo ha comportato il passaggio della risoluzione dei problemi globali (ad esempio i cambiamenti climatici) alle governance sovra-nazionali, anche se la politica è stata per secoli costruita a livello nazionale. Al tempo stesso le nuove tecnologie hanno illuso di poter fare a meno dei corpi intermedi e l’individualismo che ne è derivato sembra aver colpito la capacità di lottare per il benessere di tutti. In questo contesto il “populismo” può intendersi come una forma di individualismo collettivo: nelle narrazioni populiste ricorre il rifiuto della complessità e del pluralismo, l’insofferenza verso ogni forma di rappresentanza e di competenza, l’idea di potere illimitato, e la sfiducia nei confronti dei poteri sovra-nazionali.
Secondo il prof. D’Andrea, cha ha citato il libro di Michel De Certau “Mai senza l’altro”, è necessario recuperare la dialettica tra identità e relazione: benché non si possono sottovalutare le rivendicazioni identitarie, è illusorio pensare a una via “individuale” di risoluzione dei problemi. Solo la conoscenza collettiva e non manipolata delle reali priorità è alla base di una corretta interpretazione del mondo attuale.
Stefania Giordano