Populismo e democrazia

           I corsisti dell’ISFPS Mons A. Lanza hanno ragionato sul tema “Paradossi della democrazia” Il 18 ottobre, con il Prof. A. Spadaro, e sull’”Idealismo in politica”, il 19 ottobre, con il Dott. V. Musolino.

Il primo docente ha invitato a “demitizzare” – sfrondandoli da pregiudizi ideologici e luoghi comuni ottimistici – i termini e concetti di popolo, sovranità e democrazia: tutte mere “finzioni giuridiche”, necessarie ma largamente imperfette.

Il “popolo” è un concetto astratto (che individua tutti i cittadini), mentre esistono davvero le “persone”, come individui concreti. Così pure il concetto di “sovranità” politica delinea un potere assoluto, concentrato e illimitato che nessun soggetto umano, foss’anche collettivo come il popolo, può realmente possedere (del resto, solo in Dio – per i credenti – coesistono davvero volontà e potere).

Infine anche il termine “democrazia”, senza l’aggettivo liberale o costituzionale, non indica altro che la vittoria di una maggioranza su una minoranza, e – siccome non è detto che la maior pars coincida con la melior pars – la democrazia appare il miglior sistema politico possibile solo perché serve a far soffrire il minor numero di persone (così il giurista H. Kelsen).

 

Grazie a una raffinata ricostruzione dell’episodio evangelico di Pilato che si rivolge alla folla per ratificare la condanna di Gesù (“oclocrazia”), Spadaro ha sottolineato le differenze, ma anche le inevitabili influenze, esistenti fra “democrazia” e “populismo”, rimarcando il carattere spesso irrazionale del voto popolare un po’ dovunque, come del resto confermano le recenti elezioni di Trump negli USA, Orban in Ungheria, Salvini e Di Maio in Italia, ecc.  Anche il c.d. bene comune – o di tutti – si rivela drammaticamente un concetto astratto che raramente coincide con la volontà della maggioranza. Le masse, infatti, sono manipolabili molto più del singolo e il populismo trasforma appunto il “popolo” in “massa”, annullando le coscienze individuali e ignorando il principio della dignità della persona umana e della sua unicità.

In conclusione – ha ricordato il costituzionalista Spadaro – non abbiamo alternative realmete praticabili alla “democrazia”, ma dobbiamo regolarla e limitarla attraverso i contributi che provengono dalla legittimazione scientifica delle decisioni e da un sistema di contrappesi istituzionali forti (garanzie costituzionali).

Sulla scia di questa lezione, a sua volta il dott. V. Musolino – che ha citato il saggio di C. Schmitt del 1960 su “La tirannia dei valori” – una democrazia liberale non si può fondare su ideali/valori – per quanto nobili – considerati “assoluti”, come tali da opporre inappellabilmente agli avversari politici: diventerebbero, per ciò stesso, “assolutistici”.

Il principio essenziale rimane invece la tutela del singolo, mentre l’idealismo, inteso come trionfo dei valori assoluti (tirannici) in politica, finisce con l’essere sempre escludente.

Con la “tirannia dei valori” il pluralismo viene meno e gli astratti principi di verità e giustizia non sono “filtrati” dalla concreta e praticabile della mediazione storica della legge. Richiamando il filosofo G. Rensi (che scrisse “la filosofia dell’assurdo”), Musolino ha ricordato che quando l’idealismo diventa utopismo e ignora la mediazione del giuridico, produce gravi danni. Non a caso, per T. Hobbes, la buona legge civile deve prevalere sulle astratte verità dei filosofi.

In conclusione, da entrambe le relazioni (e dal dibattito suscitato dalle stesse), emergono alcune prime soluzioni per arginare le derive populistiche in atto: costruire luoghi di dialogo ove ragionare assieme e sviluppare coscienze libere e critiche; riattivare i processi educativi (non solo scolastici); introdurre ulteriori requisiti per gli eletti a cariche rappresentative; usare in maniera moderata e oculata i mezzi di comunicazione; rafforzare il sistema dei contrappesi istituzionali.

                                                                                 Stefania Giordano