“Scienza e politica dopo la pandemia: “chi” decide “cosa” – L’intervento del Prof. Stefano Ceccanti

Reggio Calabria, 14 gennaio
“Scienza e politica dopo la pandemia: “chi” decide “cosa”

Premessa- Un titolo rivelatosi troppo ottimistico, ma nonostante tutto attuale

Il titolo, deciso alcuni mesi fa, rispecchia purtroppo una dose eccessiva di ottimismo.
Siamo ancora dentro la pandemia a chiederci chi decida o, meglio, chi debba decidere cosa.

Ciò detto, facciamo bene a porci questo dubbio anche perché il modo in cui rispondiamo dentro la pandemia è anche un modo per chiarire cosa dovremmo rispondere in seguito.

1. Il rischio del prometeismo politico e la “riserva di scienza” individuabile dalle sentenze della Corte costituzionale

Fermo restando che, seguendo più o meno fedelmente Popper, non vediamo la scienza come una distributrice di facili verità, ma che essa lavora per confutazioni, per esclusione di errori, per falsificazione di tesi, siamo ancor più consapevoli dei limiti della politica, delle tentazioni a cui è esposta anche la migliore di esse, quella che elabora le proprie decisioni dentro una democrazia stabilizzata.

Il mito di Prometeo, che ruba il fuoco agli dei per aiutare gli uomini, si adatta particolarmente al decisore democratico che può essere tentato a fin di bene di forzare la realtà ritenendosi onnipotente.

So bene di muovermi su un terreno delicato: ci sono pagine e pagine di filosofi e teologi che ritengono compatibili o reciprocamente escludentisi Prometeo e Cristo, nel loro sacrificio analogo per aiutare gli uomini ma diverso per il loro rapporto di ribellione o obbedienza con la divinità, con varie conseguenze sulla visione della politica (1).

Per quanto coloro che li oppongono troppo facilmente siano spesso dei conservatori che non accettano la partecipazione ad uno sforzo di liberazione umana, è però vero che la meditazione sulla politica che propone il cristianesimo invita a dubitare anche della possibile onnipotenza di Prometeo.

La politica è rivolta alla liberazione umana, ma non può vedere ogni limite come un intralcio ingiustificabile, deve saper riconoscere riserve in cui non inoltrarsi, pena provocare danni maggiori.

Mi sembra che sia in sostanza questa la posizione della Corte costituzionale, quale si può desumere già da prima della pandemia, in particolare nelle sentenze 5/2018 (sulla obbligatorietà delle vaccinazioni) e 151/2009 (sull’incostituzionalità del divieto di produrre più di tre embrioni attraverso la procreazione medicalmente assistita).

In estrema sintesi la Corte costituzionale ormai ritiene intrinsecamente irragionevole o incoerente la disposizione legislativa che elude i limiti posti dalle acquisizioni scientifiche, per cui si può oggi parlare di una sorta di “riserva di scienza”, come mi propone di definirla il collega Salvatore Curreri.

Più puntualmente la prima di esse al punto 8.2.1 del considerato in diritto afferma che la discrezionalità del legislatore “deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle autorità preposte (…) e delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica, che debbono guidare il legislatore nell’esercizio delle sue scelte in materia (così, la giurisprudenza costante di questa Corte sin dalla fondamentale sentenza n. 282 del 2002)” (2)

La seconda di esse, in materia di procreazione assistita, afferma al punto 6.1 del considerato in diritto che “la giurisprudenza costituzionale ha ripetutamente posto l’accento sui limiti che alla discrezionalità legislativa pongono le acquisizioni scientifiche e sperimentali, che sono in continua evoluzione e sulle quali si fonda l’arte medica” (3).

È quindi in ultima analisi la politica che decide, ma dentro un sistema di vincoli non rigidi nel tempo e nello spazio posti anche dal sapere scientifico. Il fuoco si può sottrarre, ma non sempre e comunque.

Vista la sede è opportuno aggiungere un corollario: in genere, come si vede anche in chi teorizza la contrapposizione tra Cristo e Prometeo, sono di solito i filoni del cattolicesimo conservatore che spingono il legislatore alla modestia, a fermarsi per non avere tentazioni di onnipotenza.

Qui, invece, nel caso della pandemia, nonostante le nette posizioni del Papa, della Conferenza episcopale Italiana e dell’Accademia per la Vita, proprio alcuni di questi filoni avrebbero voluto un legislatore ostile alle evidenze scientifiche, teso a legittimare la pura autodeterminazione individuale, la piena sovranità e indisponibilità del proprio corpo che invece i medesimi settori negano in radice su altre decisioni politiche.

In nome di una certa avversione antimoderna alla scienza, sopravvissuta alle rettifiche sul caso Galileo, e sulla base di un certo intransigentismo del periodo successivo al 1870, ma che ha resistito anche alla conciliazione con le istituzioni e ancor più al protagonismo dei cattolici nella vita democratica postbellica, allo Stato, si richiederebbe al legislatore di essere onnipotente per rimettersi all’onnipotenza dell’individuo. Una deriva contraddittoria e curiosa, anche se minoritaria.

2. L’impatto sui livelli di governo: pandemia comporta supremazia, ma esigenze unitarie ci sono anche fuori pandemia

Il ragionamento svolto al punto precedente ha tentato di rispondere alla domanda su chi deve decidere tra politica e scienza. Superato quel dilemma di fondo in uno Stato regionale come il nostro ci si pone la domanda di dove allocare il livello di decisione ottimale, anzitutto durante la pandemia e quindi a regime.

Sulla pandemia la questione è stata risolta nella sostanza con la sentenza 37/2021 ed è andata necessariamente nel senso di concentrare sul livello nazionale la decisione sui gradi di omogeneità da assicurare e su quelli di differenziazione da consentire, con una sorta di clausola di supremazia connessa con la pandemia.

In questo senso ampia va intesa la scelta di ricomprendere la normativa adottata sotto la competenza esclusiva statale di “profilassi internazionale” anche nei confronti di Regioni speciali, come chiarito dal punto 7 del considerato in diritto: “Il nuovo art. 117, secondo comma, Cost. ha perciò confermato, con la menzionata norma di cui alla lettera q), nella sfera della competenza legislativa esclusiva dello Stato la cura degli interessi che emergono innanzi ad una malattia pandemica di larga distribuzione geografica, ovvero tale da dover essere reputata «internazionale», sulla base della diffusività che la connota” (4).

Questo non esclude, come chiarito poi dal successivo punto 12, che il legislatore statale possa prevedere esso stesso ragionevoli differenziazioni regionali e soprattutto che esso possa e debba “attivare un percorso di leale collaborazione con il sistema regionale, prevedendo che i d.P.C.m. siano preceduti, a seconda degli interessi coinvolti, dal parere dei Presidenti delle Regioni o da quello del Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome”.

Ovviamente fuori dalla pandemia istanze unitarie si presentano comunque; esse non possono essere negate a priori, passando dal tutto al nulla, anche se vanno dotate in modo diverso, come afferma il punto 8.1 della sentenza: “Tale conclusione non può che rafforzarsi a fronte di una pandemia, i cui tratti esigono l’impiego di misure di profilassi internazionale.”

Cogliamo qui un punto critico del nuovo Titolo V che la Corte costituzionale ha cercato di risolvere sin dalla sentenza 303 del 2003, riconoscendo che esso può essere chiuso in modo ragionevole solo da una clausola di supremazia pur non presente esplicitamente, bilanciata da un coinvolgimento del sistema delle autonomie.

Un tentativo che le riforme costituzionali bocciate nei referendum del 2006 e nel 2016 avevano cercato di risolvere in modo più chiaro, intervenendo direttamente sul testo.

3. L’interrogativo più generale: ma fuori dalla pandemia chi deve decidere è in grado di farlo?
La questione posta dal titolo ci porta però più lontano.
In tempo di pandemia il sistema è riuscito a decidere e quelle decisioni, basate su evidenze scientifiche, sono state sostanzialmente confermate dalla Corte costituzionale e dal Consiglio di Stato, nonostante derive minoritarie di tipo libertario, talora recepite anche da un costituzionalismo ansiogeno, non consapevole dell’effettività dell’emergenza.

Tuttavia questa indubbia capacità decisionale con caratteristiche di proporzionalità e di adeguatezza presenta alcuni tratti che fanno dubitare che essa possa di per sé sopravvivere all’emergenza.

Solo l’Italia ha affrontato il periodo più duro della crisi con un governo di emergenza propiziato da interventi più che incisivi del Capo dello Stato, in presenza di regole istituzionali deboli e confuse nel rapporto Parlamento-Governo, di una fragilità estrema di partiti e gruppi parlamentari e di un obiettivo scarto di legittimazione e poteri tra Presidenti di regione e Sindaci a durata garantita di legislatura e Governi nazionali di ben più corta durata e omogeneità.

Sembra quindi mancare un Pnrr delle istituzioni per i periodi normali, anche nei confronti delle altre democrazie comparabili per decisioni di scala, da quelle dove è più forte la capacità decisionale del sistema dei partiti (si veda il patto di legislatura tedesco) o dove lo è quella delle istituzioni (come in Francia, in attesa di chi sarà il nuovo Presidente dotato comunque grazie al sistema di una maggioranza capace di governare per un quinquennio).

Le domande sul post-pandemia poste dal titolo, per quanto rinviate ad una fase che non appare ancora a portata di mano, restano però al momento senza risposte convincenti. L’importante è però almeno prendere coscienza che esistono.

 

(1) Il più celebre testo in materia negli anni ’70 era il volume del teologo evangelico Lochmann edito da Cittadella bel 1975, “Cristo o Prometeo?”, un cui sunto si può trovare qui: https://seleccionesdeteologia.net/selecciones/llib/vol12/48/048_milic.pdf
(2) https://www.giurcost.org/decisioni/2018/0005s-18.html. Nel sito sono presenti note a sentenza di A. Iannuzzi e L. Pedullà
(3) https://www.giurcost.org/decisioni/2009/0151s-09.html . Nel sito sono presenti note a sentenza di G. di Genio, L. Trucco, D. Chinni e S. Agosta
(4) https://www.giurcost.org/decisioni/2021/0037s-21.html . Nel sito sono presenti note a sentenza di B. Caravita, M. Mezzanotte, D. Morana, G. Menegus, C. Caruso, R. Nigro, A. Cardone, A. Mazzola, A. Poggi – G. Sobrino, G. Boggero.