Il bilancio sociale come strumento di governo delle imprese e delle pubbliche amministrazioni. È l’argomento della lezione tenuta da Domenico Nicolò – docente di economia presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria – alla scuola di formazione politica “Mons. Lanza”.
Si tratta di un tema – ha spiegato il professore – che ha preso vigore negli anni ’90 quando i primi segnali di crisi hanno indotto gli studiosi a considerare se le imprese dovessero occuparsi – oltre che a produrre reddito e soddisfare le attese della comunità – anche di garantire il benessere di chi vi lavora e di dare un contributo alla ripresa dell’economia. Ci si chiese, inoltre, se le aziende, lo Stato e gli enti locali dovessero preoccuparsi solo dell’aspetto economico della gestione o se invece dovessero porsi altri problemi, riguardanti la società e il benessere collettivo. A tale scopo i tradizionali indicatori di carattere finanziario, da soli, non sono sufficienti a valutare se lo Stato o le imprese assolvono bene le funzioni che la società assegna loro. Ecco quindi che il bilancio sociale – oltre ad essere un documento di rendicontazione – può diventare il tramite con cui ogni impresa ed ente pubblico dialoga con la società e rendiconta non soltanto il reddito prodotto ma soprattutto ciò che ha fatto per la collettività.
Solitamente, il bilancio sociale è considerato uno strumento di rendicontazione per comunicare all’esterno il proprio operato. In realtà è qualcosa di più complesso e significativo, correlato alla vita di un’impresa, alla sua capacità di successo, all’immagine che offre e alla coesione interna che può creare. Lo stesso vale per una pubblica amministrazione. A ben vedere – ha chiarito il docente – un’impresa è composta da soggetti portatori di interessi contrapposti che non necessariamente si armonizzano. Anche una pubblica amministrazione è al centro di una serie di pressioni che provengono da attori diversi. Il ruolo di chi governa o del management di un’impresa è quello di mantenere gli equilibri e cercare di comporre gli interessi contrastanti, che altrimenti possono aumentare la conflittualità e instaurare percorsi di crisi che compromettono la vita stessa dell’amministrazione o dell’azienda. Quindi, il terreno di mediazione e di confronto è appunto un documento tecnico – il bilancio sociale – che indica quanta parte della ricchezza prodotta andrà nella direzione di soddisfare le esigenze degli uni o degli altri. Da qualche decennio le aziende meglio gestite redigono un documento di programmazione all’interno del quale inseriscono un budget sociale in modo da dimostrare ai lavoratori, ai sindacati – o alla comunità amministrata, se si tratta di una P.A. – e alle parti coinvolte che gli investimenti sociali sono associati a delle risorse effettive. Il bilancio sociale consente, così, di prendere decisioni a vantaggio della collettività, impegnando a realizzarle con un documento formale che è moralmente vincolante. Perché se l’impresa tradisce gli impegni assunti nel documento perde immagine e credibilità. Il bilancio sociale inoltre è uno strumento oggettivo con cui valutare l’operato dell’azienda o dell’ente pubblico, dato che permette di confrontare gli obiettivi prefissati e i risultati raggiunti, gli impegni e le promesse mantenute o meno.
Se ben fatto il bilancio sociale diventa anche il terreno per una gestione democratica che conviene all’impresa o all’amministrazione perché rafforza la coesione e riduce i conflitti e i costi di transazione. Quando un’azienda è governata in modo democratico, i suoi lavoratori sono uniti e coesi. E se c’è coesione l’impresa riduce i costi di transazione che derivano da comportamenti opportunistici, da resistenze, da conflitti che si generano laddove i lavoratori non percepiscono il senso del proprio lavoro. Un’azienda, infatti, funziona bene se le persone che vi lavorano stanno bene e sono capaci e competenti. Allo stesso modo una pubblica amministrazione raggiunge risultati positivi e ha successo nell’azione amministrativa se annovera personale di talento reclutato per il merito, e non per l’appartenenza politica. La qualità delle risorse umane influisce sui risultati e sui servizi offerti ai cittadini.
Nel Sud purtroppo – ha ancora ricordato Nicolò – accade sovente che l’amministrazione non funzioni perché la competenza del personale è scarsa e i risultati lo testimoniano. Nel settore privato gli imprenditori scontano un ritardo secolare, e ciò li ha portati a gestire le aziende considerando solo il loro profitto, senza guardare oltre, senza conoscere le scadenze e gli impegni assunti. Quanto al bilancio sociale delle amministrazioni, spesso si riduce a uno strumento di propaganda, in cui sono messi in risalto solo gli aspetti positivi delle politiche sociali. Mentre – se ben stilato – dovrebbe contenere gli impegni assunti e le risorse che rendono credibili quegli impegni, quantificando l’investimento che soddisfa questo o quel detentore di interessi. Senza dimenticare che è un valido espediente per il controllo dell’operato: terminato il primo anno di governo, si pubblicano le risorse stanziate nel budget con accanto i risultati raggiunti effettivamente a consuntivo. Così si consente agli interlocutori sociali – lavoratori, consiglieri, partiti, comunità amministrata – di fare un’analisi attenta della qualità dell’amministrazione pubblica in termini di risorse impiegate e risultati raggiunti.
Vittoria Modafferi