“Bio-diversità, squilibri e necessità di armonia nelle relazioni uomo-ambiente”

È verità lapalissiana che i mutamenti ambientali globali producono gravi danni ai territori e alle persone, ma le politiche messe in atto per arginare questi fenomeni non sono altrettanto adeguate e tempestive. Sul tema “Biodiversità, squilibri e necessità di armonia nelle relazioni uomo-ambiente” si è dibattuto durante il terzo incontro della Cattedra dei non credenti, iniziativa promossa dalla Pastorale Universitaria, dalla Pastorale della Cultura della diocesi di Reggio Calabria, dal MEIC e dal Centro culturale San Paolo. I relatori, infatti, si sono confrontati sulla questione della biodiversità, dei cambiamenti ambientali e della necessità di politiche all’altezza dei tempi e delle nuove emergenze.

Il prof. Francesco Saverio Nesci – docente di economia e politica agraria presso l’Università di Reggio Calabria – ha introdotto i lavori sottolineando come nel corso del tempo l’uomo abbia sovvertito l’ordine del creato, provocando disarmonia. Questo processo ha subito una accelerazione dalla rivoluzione industriale in poi, quando l’uomo ha cercato di piegare la natura alle sue esigenze. Tanto che suona giusta l’affermazione secondo cui se l’umanità non fosse esistita, il paesaggio avrebbe avuto una fisionomia del tutto diversa.

Oggi – ha proseguito Nesci – i fenomeni di degradazione ecologica del sistema sono sempre più evidenti: inquinamento, deforestazione (che porta al dissesto idrogeologico), piogge torrenziali, erosione del suolo, desertificazione (che impedisce la produttività della terra). Ciò provoca un elevato costo sociale delle problematiche ambientali, anche perché invece di attuare, ex ante, azioni di prevenzione (che hanno costi minori) si riparano, ex post, i danni causati da fenomeni climatologici avversi. Oltre allo squilibrio ambientale esiste quello della distribuzione delle risorse: i Paesi in via di sviluppo versano in un condizioni di povertà e indebitamento tali che non riescono nemmeno a comprare le sementi. Paradossalmente, i cereali che potrebbero sfamare le popolazioni dei Paesi più poveri sono invece destinati all’alimentazione animale per le tavole dei ricchi. Mentre i Paesi sviluppati conoscono sprechi alimentari imbarazzanti, oltre un miliardo di persone non ha accesso alle risorse idriche. È evidente che lo squilibrio prodotto necessita di armonia e di uno sviluppo sostenibile, dopo tanti sprechi e disastri ambientali che portano il nome di buco nell’ozono, riscaldamento globale, innalzamento del livello dei mari. Lo sviluppo sostenibile non è altro che un uso oculato e bilanciato delle risorse perché ne abbiano a godere le generazioni presenti senza nulla togliere a quelle future. Ricordandoci che la sostenibilità è incompatibile con il degrado del patrimonio e delle risorse naturali, che sono esauribili, ma anche con la violazione della libertà e dignità umana, e con il mancato riconoscimento dei diritti e delle pari opportunità.

Il prof. Tonino Perna – docente di sociologia economica all’Università di Messina – ha invece rimarcato come nel sistema ambientale il fattore anidride carbonica abbia prodotto gravi scompensi. In pochi anni l’immissione di questo gas ha raggiunto i livelli più alti della storia dell’umanità, e la terra “reagisce” con eventi climatici estremi, che sono sempre esistiti ma ora sono più frequenti. D’altro canto il livello di coscienza dei grandi della terra è molto basso e nessuno vuole fare un passo indietro. Le conseguenze sono piogge intense, uragani, alluvioni, siccità, eventi atmosferici disastrofici che causano danni enormi. Basti pensare ai 16 milioni di profughi fuggiti in due mesi dal Pakistan a seguito di un’alluvione. In questo scenario, la speculazione finanziaria agisce da moltiplicatore degli squilibri, facendo diventare una bolla finanziaria quella che in origine è una piccola differenza tra domanda e offerta. Spesso infatti il prezzo del grano è deciso in borsa sei o sette mesi prima del raccolto sulla base di scommesse. La speculazione finanziaria, quindi, causa oscillazioni di prezzi, e fa fuori il piccolo produttore agricolo che non ha le informazioni adeguate, pianta il grano quando sente dire che il prezzo è aumentato ma al momento del raccolto lo trova improvvisamente crollato. La biodiversità, allora, evita la monocoltura che è debole e pericolosa e costituisce un’assicurazione naturale contro i cambiamenti climatici più repentini, oltre ad essere essenziale ai fini di una produzione sicura e stabile nel lungo periodo.

Di fronte a questi eventi estremi – ha ancora affermato Perna – bisogna cambiare la visione del mondo ovvero avviare una politica di sicurezza alimentare ed energetica. Le scorte alimentari ed energetiche, infatti, diventeranno, negli anni futuri, armi strategiche e i governi già da ora devono mettersi nella prospettiva di dare ai cittadini una sicurezza alimentare ed energetica indipendente dal mercato. La libera circolazione di beni alimentari, infatti, verrà sempre più messa in discussione perché ogni Stato pensa alla propria autosufficienza. Negli ultimi tre anni, ad esempio, Argentina, India, Russia hanno bloccato le esportazioni di beni alimentari per paura di non averne a sufficienza per i propri cittadini. Anche l’Italia deve pensare a delle politiche agroalimentari ed energetiche come priorità del Paese. Altrettanto indispensabile è attivare politiche di sicurezza territoriale.

La grande opera da fare nel nostro Paese – ha concluso Perna – è la messa in sicurezza del territorio. Con eventi climatici estremi non basta la manutenzione ordinaria – che è spesso tanto deficitaria quanto indispensabile – ma è necessaria una politica del territorio che li affronti. Solo così si potrà cercare di mantenere un patrimonio che abbiamo ricevuto ma non sappiamo gestire. Perché come afferma un proverbio africano “la terra non è una eredità ricevuta dai nostri padri ma un prestito da restituire ai nostri figli”.

Vittoria Modafferi