“Chi vuol essere giornalista?”,

Un grande ideale che deve fare i conti con la realtà. Un impegno “alto”, a tratti nobile, ma che si scontra quotidianamente con mille difficoltà. Una professione delicata, quella del giornalista, che richiede dedizione, entusiasmo, e tenacia oltre ogni limite. Nonché la capacità di conservarsi onesti, nonostante le pressioni provenienti da più fronti.

A svelare i retroscena di un mondo complesso e a volte poco compreso, sono stati i giovani giornalisti reggini, durante uno degli incontri promossi dall’Università Mediterranea e dalla Cappella universitaria, dedicati al rapporto tra l’informazione e la giustizia. “Chi vuol essere giornalista?”, il titolo della tavola rotonda che ha visto come protagonisti alcuni rappresentanti delle testate locali, che hanno condiviso con il pubblico presente al Teatro Siracusa, le loro esperienze personali nel settore dell’informazione. Storie intessute di tanto trasporto, del desiderio di poter raccontare fatti e vicende, di passione che supera scogli insidiosi, quali l’accesso all’ordine, il difficile inserimento in una realtà competitiva ma povera di garanzie sindacali. E poi, le pressioni dei poteri forti, il rischio di essere “imbavagliati”, un carico di lavoro che non è adeguatamente compensato.

Ostacoli che, però, non devono abbattere chi si sente ardere dal “sacro fuoco”, come ha suggerito Giorgio Neri, dell’ufficio stampa della Regione Calabria. «Qualche anno fa, era molto difficile entrare a far parte dell’ordine dei giornalisti. Ma quella chiusura mi ha stimolato, e la mia caparbietà è stata ripagata. Così ho potuto fare convergere il mio interesse con la professione. Ai ragazzi che si affacciano a questo mestiere, consiglio di non lasciare l’università per dedicarsi esclusivamente al giornalismo».

Anche Domenico Ielo, un passato nelle televisioni e quotidiani locali e ora free lance, ha ricordato gli ostacoli che si devono superare in questa professione. Esordi difficili, una lunga gavetta a volte condita di illusioni, e poi «quando si deve andare avanti e riscuotere, c’è sempre qualcuno che è pronto a fare il tuo lavoro a costo zero».

Francesco Paolillo, de “Il Quotidiano” ha ribadito che «solo la grande passione ti spinge ad andare avanti e non mollare. La nostra città, in particolare, è spesso assente, ti lascia solo. E quando si toccano determinati interessi, ci sono pressioni che interferiscono col nostro lavoro. Sono episodi che possono capitare, ma la verità deve emergere ugualmente. Non consiglierei a nessuno questo mestiere, ma personalmente non potrei farne a meno».

Sulla stessa scia Antonino Monteleone, di strill.it, che non ha nascosto le possibili vessazioni a cui può andare incontro il giornalista. «Se tocchi un potere, ti trascinano in tribunale e ti costringono a tenere la bocca chiusa. Questo è un problema serio – ha dichiarato Monteleone, riferendosi alle minacce di querela a cui sono esposti i giornalisti – che mette dei paletti alla libertà. Un giornalista cerca di non esporsi, e prima di scrivere un pezzo, ci pensa due volte».

Riccardo Tripepi di “CalabriaOra”, ha denunciato «la difficoltà di svolgere il nostro lavoro in questa città. Innegabili le pressioni a cui siamo sottoposti. A volte squilla il telefono perché non si è dato risalto a una frase o a un avvenimento che il politico o l’amministratore di turno ritengono importante. Ci vuole perciò tanta passione e amore per la professione, e non ci si deve scoraggiare. Capita di perdere persino il gusto di raccontare, perché non c’è più tempo per farlo. In una redazione, ci sono difficoltà a concludere, a impaginare. Con il rischio di trasformare il giornalista in un grafico».

Vittoria Modafferi