Trovare tempi e luoghi in cui dibattere argomenti impegnativi e attuali è sempre più difficile. Probabilmente discuterne non risolve i problemi, ma aiuta a far emergere situazioni di un certo rilievo, che spesso glissano nell’indifferenza e nel silenzio generale. In questa prospettiva, i Cineforum organizzati dalla scuola di formazione politica “Monsignor Lanza” sono un momento prezioso di riflessione e di confronto, a partire dal tema centrale del film di volta in volta proposto ai corsisti.
L’ultimo lungometraggio proiettato è una pellicola del regista McCarthy dal titolo “L’ospite inatteso”, incentrato sulla tematica dell’immigrazione negli Usa dopo l’11 settembre. Il film ha offerto lo spunto per un ampio scambio di idee su diversi aspetti del fenomeno migratorio. Il dibattito è stato moderato e diretto da Giuseppe Longo – tutor dei corsi dell’istituto – che ha invitato a riflettere sul perché l’Occidente non si impegni a capire le cause che generano i flussi migratori, propendendo per soluzioni meritorie ma effimere quali interventi umanitari o accordi bilaterali. Se si sposta lo sguardo dal livello statuale a quello più circoscritto delle esperienze quotidiane di singoli cittadini e associazioni, il problema resta identico.
«Nel territorio reggino – ha spiegato Longo – esiste un ambulatorio medico e dentistico, gestito da volontari della CVX, che da diciotto anni offre cure gratuite agli immigrati bisognosi. Inoltre, ogni 15 giorni si offre la spesa a 200 famiglie. Come operatori sappiamo bene cosa significhi interagire con persone meno fortunate di noi, ma forse non ci impegniamo a scoprire le cause che generano l’emigrazione. Non ci domandiamo seriamente perché certe situazioni si vengono a creare. A volte fare la spesa per una famiglia è più semplice e rassicurante per la coscienza, che non sforzarsi di individuare le origini della povertà e del disagio, per cercare di porvi rimedio. L’accettazione e il riconoscimento dell’altro non passano attraverso la ghettizzazione, ma attraverso il riconoscimento di pari diritti».
La concentrazione della ricchezza in poche mani, per giunta straniere, è una delle cause dello stato di povertà e di degrado dei Paesi africani, secondo Domenico, corsista e studente universitario. In Africa non c’è spazio per gli africani – ha esclamato – e le immense ricchezze di quelle terre sono gestite da europei o nordamericani. Giovanni, anche lui giovane corsista della scuola, ha osservato che spesso è sbagliato l’approccio al fenomeno dell’immigrazione. «Sarebbe onesto fare autocritica sul modo di approcciare questo tema. A volte gli immigrati sono sfruttati a livello di manodopera, però allo stesso tempo si pretende che si trovino bene nel nostro Paese, che si adeguino ai nostri usi, alle leggi ecc. Ma se non cambiamo approccio, si ripresenteranno sempre gli stessi problemi». Secondo Maria i recenti episodi di violenza hanno facilitato atteggiamenti di intolleranza verso gli immigrati, accresciuta da un clima di paura e di suggestione. Mentre comportamenti improntati alla comprensione sono spesso atti di facciata, che nascondono una subdola ipocrisia. Ivana, studentessa originaria di Melicucco, un piccolo centro del reggino, ha portato l’esperienza di tanti immigrati che ogni giorno sostano sulle strade del paese in attesa di essere reclutati dal “caporale” per la raccolta delle arance. Marocchini, polacchi, rumeni, ucraini e bulgari sono presi a lavorare a giornata dietro un corrispettivo di pochi euro. A questo proposito Longo ha auspicato che vi sia pari trattamento economico per gli immigrati, rispetto agli italiani, a parità di prestazioni lavorative. Anche perché senza la loro manodopera diversi imprenditori potrebbero chiudere la loro attività, in alcuni casi basata su un sistema di vero e proprio sfruttamento. Ancora oggi, purtroppo, c’è chi si arricchisce sulla pelle di persone talmente bisognose di lavorare che accettano condizioni disumane, senza alcuna garanzia sindacale e previdenziale. La carenza di lavoro è una piaga che affligge non solo i lavoratori extracomunitari ma anche noi giovani del Sud – ha voluto precisare un altro corsista, Giuseppe, che ha sottolineato la mancanza di attenzione e di rispetto per le persone. Notando che l’assenza di controlli sui luoghi di lavoro perpetua situazioni di illegalità che accomunano tanto gli immigrati quanto i cittadini italiani. Dopo aver raccolto l’apprezzamento dei corsisti nei confronti di questi incontri – dibattito (Giovanni ad esempio ne ha sottolineato l’utilità, vedendoli come luogo ideale di formazione e discussione), Longo ha fatto alcune riflessioni conclusive.
«Ognuno di noi – ha affermato – ha un modo differente di considerare un problema, in base alla provenienza, alla cultura, al vissuto. Parlarne, tuttavia, aiuta ad avere una maggiore serenità nell’affrontarlo e serve a misurarsi con un punto di vista diverso. Ecco perché ritengo utili i luoghi di dialogo e preziosi i momenti di confronto, che sono sempre più rari, ma ci permettono di delineare i contorni di un problema in maniera lucida. Soprattutto in un tempo in cui sono diffuse l’apatia e l’accettazione passiva delle decisioni».
Vittoria Modafferi