Gli aspetti relativi alla democrazia e la tutela dei diritti in un sistema multilivello, non possono più essere letti solo a partire dallo Stato nazionale. Lo ha spiegato Francesco Manganaro – docente di diritto amministrativo all’Università Mediterranea – durante una lezione svolta alla scuola di formazione politica “Mons. Lanza”.
La prima questione – ha chiarito Manganaro – si pone con l’Unione Europea, una confederazione di Stati a cui anche l’Italia aderisce, nonché un ordinamento sovranazionale a cui il nostro Paese ha ceduto parte della sua sovranità, sia dal punto di vista legislativo che amministrativo. Un governo multilivello, tuttavia, è presente anche all’interno dello Stato nazionale. In Italia, ad esempio, dagli anni ’90 in poi si sono rafforzate le autonomie locali, grazie a una serie di normative sugli enti territoriali, e la stessa riforma del titolo V della Costituzione varata nel 2001 è il coronamento della crescita del sistema autonomistico. Questo sistema sancisce la presenza di molteplici livelli di governo che partono dal Comune – l’ente più vicino al cittadino – passano dalla Provincia per giungere alle Regioni e allo Stato. Ad ognuno di questi livelli si può attribuire una cittadinanza. Cosicché una stessa persona è titolare di una cittadinanza europea, nazionale e locale.
La cittadinanza – ha ancora ricordato il docente – è un rapporto con un ordinamento, è uno status conferito a un soggetto, che gli attribuisce diritti e doveri. A seconda di come viene intesa, la cittadinanza è una “valvola” che può includere o escludere: se, ad esempio, la si attribuisce in base alla residenza diventa un concetto inclusivo. Così può accadere che uno statuto comunale preveda i diritti di cittadinanza locale per tutti i residenti, permettendo, quindi, agli extra comunitari di votare alle elezioni amministrative. Benché gli stessi soggetti non possano partecipare alle consultazioni politiche perché privi della cittadinanza statale. Ciò dimostra che in un sistema multilivello la cittadinanza e i diritti si stratificano. Sul piano comunitario, il Trattato di Maastricht ha sancito la cittadinanza europea che consente la tutela di diritti, alcuni dei quali esplicitamente enunciati dal trattato stesso, altri introdotti dalla Corte di Giustizia. Che si è pronunciata spesso in merito a questioni attinenti i diritti di cittadinanza, stabilendo che il titolo di cittadinanza europea attribuisce una serie di diritti rispetto a cui gli stati nazionali non possono fare discriminazioni in base alla nazionalità. Queste stesse pronunce mostrano come in un sistema multilivello – e in quello globalizzato – siano le Corti a stabilire in concreto quali siano i diritti di cittadinanza e a influire su di essi.
A sostegno di questa evidenza, il prof. Manganaro ha portato il caso della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). Si tratta di un tribunale nato da un trattato internazionale, sottoscritto negli anni ’50 da 47 Paesi europei. La peculiarità di questo trattato è che, oltre a stabilire dei diritti, istituisce un giudice per la loro difesa. Il processo di tutela è avvenuto lentamente, ma oggi è una questione ormai palese. Prima, infatti, si riteneva che il diritto fosse una questione interna o tutt’al più attinente l’Unione Europea; e che i diritti di cittadinanza fossero solo quelli scritti nelle carte costituzionali. Oggi, invece, ci siamo accorti che esistono altri diritti, tutelati dalla Corte Europea dei Diritti. Che può incidere profondamente sui diritti di cittadinanza proprio perché il suo intervento muta l’ordinamento interno di uno Stato.
Un esempio: il caso Scordino contro Italia. Si tratta della vicenda di un proprietario di Reggio Calabria espropriato del suo terreno dal Comune, per permettere la costruzione di case popolari. Si apre una diatriba per l’indennità di espropriazione che passa da diversi tribunali e arriva fino al giudice internazionale (la CEDU, appunto). Il quale stabilisce che l’indennità prevista dal nostro ordinamento è talmente ridotta da non essere adeguata alla disposizione prevista nella Carta Europea dei Diritti che tutela la proprietà privata. Il signor Scordino vince, e i suoi eredi hanno diritto ad un risarcimento milionario. La questione dimostra che nei sistemi transnazionali – in cui mancano organi di governo – la democrazia e i diritti dei cittadini sono tutelati sempre più dai giudici. E questo accade per un altro motivo. Oggi avviene sempre più che – specialmente quando si creano organizzazioni e livelli transnazionali superiori agli Stati – i diritti vengono tutelati da norme di principio. Quanto più la norma deve regolare la situazione di vari Paesi, tanto più diventa principio. A ben guardare, infatti, i trattati internazionali stabiliscono principi. Ma questi ultimi hanno un ampio contenuto di astrattezza, lasciando all’interprete uno sforzo maggiore per applicarlo. Siccome non esiste un governo di tali istituzioni e nemmeno un governo mondiale, il potere dei giudici e degli interpreti giudiziari aumenta.
In alcuni settori – ha concluso Manganaro – manca un Parlamento mondiale, ma esistono giudici e Corti transnazionali che creano il diritto, che pesano sui diritti di cittadinanza perché giudicano su grandi principi che sono, appunto, attinenti alla cittadinanza.
Vittoria Modafferi