I divari territoriali: una questione nazionale

Più volte durante i corsi di formazione dell’Istituto superiore Mons. A. Lanza si è discusso del divario territoriale tra Nord e Sud Italia, in termini di divario economico e di giustizia sociale.

In previsione della prossima tavola rotonda sul “regionalismo differenziato”, il tema è stato affrontato il 10 novembre con la relazione dello storico dell’economia Andrea Filocamo, seguita da un ampio e partecipato dibattito.

I dati statistici e storici analizzati sono stati quelli relativi agli ultimi trent’anni. Il professore Filocamo si è soffermato soprattutto su tre grandi “shock” che il Paese ha dovuto affrontare e che, in particolare, hanno avuto ripercussioni negative sulla ripresa del Sud Italia, a causa del lungo periodo di crisi che ne è seguito: negli anni ’90 la crescita della globalizzazione e l’avvento della moneta unica nell’UE;

la crisi economica iniziata nel 2007 e, più di recente, l’esperienza del covid e poi della crisi energetica.

Il Pil pro capite del Mezzogiorno risulta essere il 55% di quello del Centro-Nord e il 58% della media europea, ma si rileva negli ultimi vent’anni una crescita negativa del valore per tutta l’Italia, con poche eccezioni in alcune Regioni del Nord.

Partendo dagli anni ’90 la globalizzazione e poi l’integrazione monetaria in ambito europeo, determinarono un nuovo scenario e diverse condizioni strutturali: il processo di liberalizzazione dei mercati comportò un aggravamento degli squilibri regionali.

Inoltre la perdita dell’autonomia monetaria e soprattutto l’introduzione di stretti vincoli di bilancio portarono alla netta riduzione della spesa dello Stato, in un periodo in cui si concluse l’intervento straordinario nel Meridione.

Il sostegno alle Regioni più deboli venne affidato ai Fondi Comunitari, supportati da quelli governativi.

Dopo la crisi finanziaria del 2007 seguì ancora una politica di austerità e il Sud attraversò sette anni consecutivi di recessione economica, ma venne penalizzato soprattutto dalla riduzione dei servizi ai cittadini, anche in ambiti essenziali quali la sanità e l’istruzione.

Poi in un solo anno, nel 2020, a causa della grave pandemia che ha colpito maggiormente il Nord, il PIL in Italia si è ridotto del 9%, e finalmente le risposte europee a questa crisi sono state più incisive: l’acquisto dei titoli di Stato da parte della Banca centrale europea;

la sospensione del patto di stabilità e crescita e poi un piano di finanziamenti definito Next Generation EU, da cui deriva il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

La crescita evidente nel 2021 subisce tuttavia una frenata l’anno successivo a causa dell’inflazione e dell’aumento del costo dell’energia, delle materie prime e dei generi di prima necessità.

In conclusione il docente si è soffermato sull’intervento più recente approvato a favore dei territori del Mezzogiorno, il “decreto Sud”, che ha introdotto la Zona Economica Speciale unica a partire dall’inizio del prossimo anno, con la previsione di agevolazioni fiscali alle imprese che investono nei territori ricompresi.

La nuova Zes unica sostituisce le precedenti otto e sarà gestita da una cabina di regia governativa, con funzioni di coordinamento e vigilanza.

Resta il dubbio che un intervento unico su un’area così vasta possa non tener conto delle specificità di un territorio.

 

Stefania Giordano