L’Estetica di Domenico Farias ne “La bellezza dei giorni”

Vincenzo Musolino

Ha ragione Luigi Accattoli – saggista, giornalista e vaticanista del Corriere della Sera – il capolavoro Di Domenico Farias è “La bellezza dei giorni”, piccolo saggio pubblicato, nell’anno 2000, nella rivista di Scienze Religiose del Pontificio Seminario Pio XI di Molfetta e, proprio per questo, una vera perla nascosta, il testamento di un Maestro.

Per Farias (nato a Reggio Calabria il 14 luglio 1927 e ivi morto il 7 luglio 2002), filosofo del diritto, accademico, meridionalista, presbitero reggino, l’apparenza di ciò che scorre – la verità dell’apparenza – lungi dal rimanere insignificante per la fede, è declinata più efficacemente come “tempo storico” e come “dramma” epidermico, vivo ed evidente di ciò che è in noi e per noi.

In tal senso, la bellezza di questa “apparenza” si mostra come bellezza dei giorni:
un trabocco dell’imminenza del sacro nell’immanenza di ciò che serve, che dura, che resiste, che salva.

La bellezza non è fuori dalla Storia, ci dice Farias:
anche la nostra storia, infatti, è ricca di un’ulteriorità che si svela in ogni ambito, che ci aiuta a scoprire la bellezza anche dove non sembrerebbe.

Ciò, ovviamente, trascende i limiti della bellezza estetica:
è la bellezza dell’Essere che si snoda tra gli essenti!
È l’essente, infatti, il Singolo operativo nelle sue Comunità, che evoca “interi mondi” nel suo particolare momento storico:
ed è questa una bellezza agonica, in lotta, che riguarda il nostro tempo difficile ma non perduto.

Il dramma, quindi, sta nel conflitto tra un “ordine estetico” consunto, tramortito dallo sviluppo tecnico-scientifico, dalle sue tante opportunità ma anche dalle incertezze dei suoi “trapianti” improbabili, e un ordine trascendente – ma allo stesso tempo presente – che, oltre il simbolico, è più che un rimando ad altro ma è lo scorgere – nel frammento del quotidiano – del senso di un tutto che non può che passare dal Tu, non solo dal prossimo, dal vicino, ma – cristianamente – dal più lontano:
dalla bellezza dei futuri ancora da nascere.

E noi, i presenti?
Noi siamo quelli che ascoltano senza vedere, che credono e non credono, che confondono il bagliore che si accende con la tenebra che avanza.
Siamo confusi, eppure la bellezza è qui:
“la bellezza dei giorni è oggi la nuvola quando diventa luminosa e splende nella terra desertificata dall’uomo e dalle sue armi”.

Splende tra le bruttezze dell’umano, come splende ad Auschwitz e come splende eternamente “nel proscenio dell’ora sesta, nel buio di Mezzogiorno”, dove l’immagine sfigurata, la “pelle dilaniata” di Dio in forma umana, si moltiplica nei troppi cristi-crocifissi della Storia.

È una bellezza sovrasensibile e imminente – “nell’epoca della riproducibilità tecnica anche delle opere di morte” – che torna e si ripresenta in tutti i momenti in cui il sangue delle vittime in Cristo “parla meglio di quello di Abele”, dice parole di speranza e di misericordia – e non di (in)giustizia vendicativa – anche per Caino che è, allo specchio di tutti noi, “bruto e brutto”.

Ecco perché la bellezza dei giorni è una “bellezza drammatica”:
perché, come ci dice Farias, è sfregiata come la Madonna di Czestochowa.
La bellezza dei giorni è la bellezza di una scelta, di un’azione morale:
e per questo è esperienza ecclesiale, comunitaria, plurale, condivisa e anche politica.
È il valore storico della libertà liberata per chi – come noi tutti – è coinvolto nel procedere di una Salvezza che si compie qui e ora.

In Cristo – ci dice Domenico Farias – Essere e Bene finalmente coincidono e la creazione continuamente aggiornantesi nel tempo non è più ex nihilo ma ex malo:
si lascia il male alle spalle e comprende tutti, il tu-tutti direbbe Capitini.
Emerge un’unità complessa, corale, che non esclude alcuno:
l’umiliato e il maledetto sono belli come Cristo in croce.

“E’ la gloria del crocifisso che mostra la bellezza dove nessuno le aveva mai cercata”, rendendola evidente, alla portata di tutti.
Egli, infatti, sebbene plurale, è del tutto semplice:
esattamente come ciò che è davvero bello.