Il primo incontro della “Cattedra del dialogo”, iniziativa ultradecennale organizzata dalla Pastorale Universitaria, dal Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale e dall’Istituto Mons. Lanza, ha visto il 6 novembre c.a. come relatore il prof. Paolo Carnevale, ordinario di Istituzioni di diritto pubblico dell’Università Roma Tre.
Per analizzare le condizioni e proporre strategie per un dialogo fruttuoso tra mondo cristiano e mondo c.d. laico, il docente è partito dal Discorso di San Paolo all’Aeropago di Atene per poi richiamare alcune vicende che nella società contemporanea hanno suscitato dibattiti e prese di posizione conflittuali.
San Paolo, durante la seconda parte del suo viaggio missionario, scelse volutamente di recarsi ad Atene per un confronto con la cultura pagana del suo tempo.
In quel periodo storico la città era in piena crisi politica e non era più dominante neppure sul piano culturale.
Il discorso (riportato negli Atti degli Apostoli 17, 22-34) consente di ricavare alcuni significativi elementi sulle modalità di dialogo tra credenti e non credenti, anche se potrebbe apparentemente rilevarsi di scarso impatto poiché alla fine dello stesso solo poche persone si convertirono.
Si evince che San Paolo studiò l’uditorio per farsi comprendere (“vedo che in tutto siete molto timorati degli dei”), partì dalla divinità piuttosto che da Cristo, facendo dell’ignoranza una virtù (richiamando il monumento al Dio ignoto, che gli ateniesi adoravano senza conoscere e che egli era in procinto di annunciare), e usò un linguaggio denso di riferimenti alla cultura filosofica del tempo, soprattutto al pensiero stoico.
Inoltre offri una visione cosmologica (“Egli creò tutte le nazioni degli uomini, affinché abitassero su tutta la faccia della terra”) e spiegò poi che Dio poteva essere ricercato anche a tentoni.
Il prof. Carnevale ha citato poi alcuni dibattiti contemporanei su questioni quali: l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, la stepchild adoption, il tema della procreazione assistita, il dibattito sul fine vita dopo il caso Cappato, l’accoglienza dei migranti.
Purtroppo su questi temi è la stessa comunità cristiana ad essere “divisa” al proprio interno prima ancora di poter avviare un dialogo costruttivo con la comunità laica.
Come esempio di strategia comunicativa negativa il relatore ha ricordato in particolare che la posizione ufficiale della Chiesa in occasione del referendum abrogativo nel 2005 (riguardante norme in materia di procreazione medicalmente assistita) fu l’invito all’astensione dal voto. Si evitò così di valorizzare il senso della partecipazione per seguire la logica della superiorità del proprio ordine (cattolico) di valori, che doveva prevalere ed essere imposto al di là di ogni confronto.
Esempio felice di prospettiva dialogica praticata è stata invece l’enciclica Laudato sì di Papa Francesco: innanzitutto per la scelta del tema – la cura della casa comune – che è universale e rappresenta un obiettivo condiviso da tutti gli uomini di buona volontà.
Nel paragrafo 14 è rivolto un “invito urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta” poiché il confronto su un tema che coinvolge l’umanità deve riguardare tutti e inoltre ognuno può collaborare per difendere il creato secondo la propria esperienza e capacità. In questa enciclica il docente rivede l’eco attuale dell’impostazione del discorso di San Paolo ad Atene.
Anche partendo da ragioni diverse, tutti possiamo pervenire a “valori condivisi”, come la difesa del creato, dei principi di solidarietà umana, la tutela delle generazioni future, intervenendo nel dibattito pubblico attraverso un dialogo costruttivo e un serio confronto.
Il dialogo richiede impegno, fatica, accettazione delle diversità, riconoscimento dei propri limiti, pazienza e soprattutto una capacità di ascolto che purtroppo in questa fase storica sembra mancare.
Stefania Giordano