La democrazia e le sue ragioni

Società civile – democrazia – politica. Quale rapporto intercorre tra i termini di questa triade? Soffermarsi a riflettere su ognuna di queste voci e capirne il legame è stato l’obiettivo della lezione della prof.ssa Giovanna Cassalia – docente di antropologia filosofica presso l’Istituto superiore di scienze religiose di Reggio Calabria – tenuta alla scuola di formazione politica “Monsignor Lanza”.

Democrazia – ha esordito la docente – è ‘luogo’ di confronto, di partecipazione, di dialogo, tra i componenti della società civile e, come forma di governo, (la migliore oggi possibile, si ritiene) è governo, attraverso la discussione, della maggioranza legittimamente eletta. La società civile ha come suo compito irrinunciabile di esprimere esigenze, istanze, stili di comportamento, di elaborare idee, culture, avanzare proposte e possibili soluzioni anche politiche: è questa la dimensione politica –  al di là e ancor prima che essa si esprima come impegno diretto nelle istituzioni politiche –   naturale, costitutiva di tutti gli uomini, non scelta opzionale, nè pratica riservata ad alcuni più capaci o con una particolare vocazione per essa. L’uomo è fatto per vivere con gli altri e insieme con gli altri cercare le vie più adatte alla realizzazione della comune umanità: in questo consiste il tratto politico e irrinunciabile dell’uomo.  

E se questo è un compito fondamentale della società civile, non è però l’unico.  L’altro, altrettanto importante, è quello di esercitare il pubblico controllo, di fare da sentinella, di verificare se i governanti realizzano effettivamente le istanze che da essa  emergono.

Compito della politica è accogliere, prendere in carico, vagliare, valutare quelle istanze, quei bisogni, quelle richieste – mediante  dibattiti nelle sedi deputate, condotti democraticamente e mantenuti sempre nella cornice disegnata dalla costituzione – e tradurli in politiche opportunamente ordinate al servizio e al bene dei cittadini, secondo giustizia.

La democrazia fa da cerniera tra politica e società civile. Essa non esaurisce le sue ragioni solo in quanto procedura elettorale che legittima il potere della maggioranza. È assai di più: è la modalità attraverso cui può avvenire – nella società e dentro le istituzioni – il confronto responsabile e libero, senza censure, tra tutti nel rispetto di tutti, nell’attenzione degli uni per gli altri, a partire dai bisogni fondamentali di tutti e di ciascuno. Solo se intesa e vissuta così la democrazia è sana, è quel che dev’essere: luogo nel quale si creano le condizioni che rendono possibile a tutti di vivere secondo dignità. Duole (e produce indignazione e senso di frustrazione) constatare che le politiche in concreto sempre meno sembrano ispirate a logiche di umanizzazione. Tuttavia – ha affermato la Cassalia – è da ingenui attribuirne le responsabilità tutte e solo a cattive o comunque inadeguate politiche. Anche la società civile vi  ha una buona parte di responsabilità. Per non essere stata sufficientemente avveduta circa le sue prerogative e le sue funzioni, si è snaturata e indebolita da se stessa. Allontanandosi dalla politica, considerata sbrigativamente e sprezzantemente ‘cosa sporca’, e rifiutando di capirne meccanismi, ragioni e direzioni, ha lasciato che i suoi spazi fossero occupati e condizionati dai potenti, perdendo via via anche la sua indipendenza e i suoi tratti distintivi.

Si pensi, ad esempio, a questo: settori sempre più numerosi della società dipendono, ormai, per la loro sopravvivenza o per la continuità dei servizi  – il più delle volte preziosi e cruciali – che essi prestano in ambito sociale, dai finanziamenti discrezionali della politica. Finanziamenti erogati secondo criteri di arbitrio, di favore, di ‘benevola concessione’. Non v’è chi non veda in questo la conseguente impossibilità per ampie porzioni della società civile – una volta entrata in questa logica, oltre che nei meccanismi di dura rivalità e di sleale competizione che essa innesca – di esercitare quel  continuo, libero controllo sull’operato dei politici, che abbiamo visto essere essenziale. La democrazia è formalmente salva, ma il consenso non è più né vero né libero. E i cittadini sono solo ‘clienti’.

È sotto gli occhi di tutti il fenomeno che altera fortemente il rapporto tra società civile e politica: l’asservimento  – consapevole o ingenuo che sia, ma ormai sempre più indotto dal bisogno – della società civile al potere politico.

E quando arroganza e arbitrio diventano i tratti della politica, i frutti che essa genera non possono che essere distruttivi e disumanizzanti, assai poco orientati all’edificazione della società, che difficilmente può farsi comunità di uomini, cui sia dato di vivere in modo conforme alla loro dignità.

Certo, quando si giunge al punto in cui il rapporto società civile – democrazia – politica appare sbilanciato a tutto danno della società e della sana democrazia – è comprensibile che ci si senta traditi e si diventi  indifferenti, quando non ostili, a tutto quel che ha a che fare con la politica. Ma la rinuncia e la sfiducia non possiedono germi di fecondità. Lasciano solo campo libero per il consolidarsi di una politica in gran parte devitalizzata delle sue funzioni proprie, e al servizio sempre più esclusivo di interessi particolaristici di gruppi di potere, e di malaffare. Con buona pace per il tanto conclamato bene comune.

Oggi la società – ha concluso la prof. Cassalia –  sembra aver dimenticato il suo ruolo, e appare sempre più disorientata. In un contesto di globalizzazione che ha sovvertito certezze e valori, introducendo discontinuità dove prima c’era sicurezza di legami forti, e mettendo in crisi un certo senso consolidato di identità umana. Ma numerosi e qualificati sono i segnali che indicano capacità e volontà degli uomini ancora liberi di  lavorare per il recupero e la restituzione di quel che inopinatamente è stato espropriato ai più. È bene perciò che si alimentino percorsi di maturazione della consapevolezza sociale e politica, moltiplicando le occasioni di incontro e di confronto (serio e meditato, non salottiero), in gruppi, associazioni, comunità, per pensare e promuovere  soluzioni alternative costruttive e nonviolente agli invitabili conflitti della convivenza umana. E restituire speranza a tutti, ma in special modo agli ultimi, ai vinti del sistema, ai giovani, nei confronti dei quali siamo sempre pronti a facili e sbrigativi giudizi di superficialità, di mancanza di valori, e raramente  ci sentiamo in debito per un lascito che porta il segno opposto a quello che avrebbe dovuto avere: abbiamo consentito che venissero  defraudati perfino del diritto – fondamentalissimo – di sperare di vivere umanamente.  Democrazia partecipativa: sì, ma non basta, occorre che sia di qualità.

 

Vittoria Modafferi