“La mediazione familiare: uno strumento per trasformare il conflitto in nuove forme di responsabilità”

Il conflitto, nei rapporti interpersonali, è una crisi della relazione. Di qualunque relazione. E nasce da una escalation di incomprensioni. Spesso si è talmente concentrati sulle proprie ragioni da non ascoltare quelle dell’altro. E si rinuncia a scoprire che, molte volte, si afferma o si desidera la stessa cosa. Il muro che ciascun soggetto alza intorno a sé impedisce di comunicare e di vedere i motivi del contendere, compresi i quali si potrebbe risolvere il conflitto. Tutto ciò accade anche in ambito familiare e specialmente nella crisi dei rapporti matrimoniali. Dove, da qualche anno, ai coniugi che decidono di separarsi viene in aiuto il percorso della mediazione familiare. Lo ha spiegato ai corsisti dell’Istituto di formazione politica “Mons. Lanza” Mariateresa Montesano, avvocato esperta in diritto di famiglia e mediatore familiare.

Questo istituto – ha spiegato la professionista reggina – è stato riconosciuto in Italia con una legge del 2006, ma è nato in America su iniziativa di un avvocato che aveva vissuto in prima persona l’esperienza amara del divorzio e si era interrogato su come attraversare il conflitto in modo indolore. Va subito chiarito che la mediazione familiare non è psicoterapia o assistenza psicologica alla coppia, né consulenza legale. In egual modo non si prefigge di fornire un supporto alle coppie che vogliono ricongiungersi. Si tratta piuttosto di un percorso offerto a coloro che hanno deciso di separarsi per facilitarne la comunicazione e accompagnarli così verso nuove forme di relazioni. Se è innegabile che il conflitto è un dato di fatto nella relazione della coppia, è altrettanto vero che esso va “abbracciato” perché la crisi deve essere attraversata, trovando gli strumenti per aprire nuovi tipi di relazioni.

La mediazione, in generale, – ha sottolineato l’avv. Montesano – è un processo attraverso cui due o più parti si rivolgono a una persona neutrale, il mediatore, per ridurre gli effetti indesiderabili di un conflitto. E ciò vale a maggior ragione per una coppia in crisi. Il mediatore, infatti, è un soggetto terzo, neutrale, che non prende posizione per l’uno o per l’altro, ma cerca di ristabilire il dialogo per arrivare a un obiettivo concreto: realizzare un progetto di organizzazione delle relazioni che risulti il più soddisfacente per tutti. Questa figura professionale, quindi, non suggerisce né offre soluzioni, anzi segue regole rigide anche per dare la parola ai partner che siedono nella stanza di mediazione, e applica tecniche precise per far progredire la comunicazione. Il mediatore è uno strumento, un canale, che ricorda alla coppia che sta perseguendo un fine comune, quello di comunicare, nell’interesse di tutti e specialmente dei figli, se ci sono, o per arrivare a una separazione consensuale, nella concordia e nel rispetto reciproco. Si insegna alle parti che è possibile gestire un rapporto, comunicando in modo corretto, ed è anche plausibile giungere ad un accordo riguardante gli aspetti concreti segnalati dalla coppia. Il percorso prevede solitamente degli incontri settimanali e al termine di ognuno si decide che la coppia metterà in pratica un certo impegno preso, e al successivo incontro, se ciò che si è sperimentato non è andato bene, si cerca un’altra soluzione al problema emerso.

I protagonisti della mediazione – ha precisato la Montesano – sono chiaramente i componenti della coppia, che si rimettono in gioco e stabiliscono, in base alle esigenze di tutti, cosa sono concretamente in grado di fare. In tal modo essi si assumono nuove responsabilità e prendono consapevolezza che sebbene il rapporto di coppia sia entrato in crisi e sia fallito, quello genitoriale esisterà sempre e andrà gestito. La mediazione, quindi, si propone di riaprire il dialogo e di far comprendere ai genitori che, se vogliono essere bravi genitori, devono collaborare perché i figli ne soffrano il meno possibile. In quest’ottica tale istituto è un’occasione di crescita, di cambiamento, e miglioramento delle relazioni affettive e interpersonali. Aiuta a risolvere alcuni mali e consegna alle parti la responsabilità della mediazione stessa.

Bisogna ricordare – ha specificato ancora l’avv. Montesano – che si tratta di un percorso transitorio, con una durata limitata, di circa 8-10 incontri durante i quali la coppia si pone come obiettivo la stesura di accordi, che sono modulati sulle esigenze emerse. L’istituto della mediazione, in quanto opportunità, è offerta in qualunque momento della crisi del rapporto: una coppia può scegliere la mediazione prima di rivolgersi all’avvocato e di avviare le pratiche di separazione, oppure può iniziare una giudiziale e poi ricorrere al mediatore se la separazione non va come si aspettava. Talvolta, invece, la coppia va in mediazione dopo una sentenza, perché non riesce a gestire nella pratica ciò che ha stabilito il giudice e prende coscienza della necessità di modificare l’accordo.

In ogni caso, la mediazione familiare può considerarsi una risorsa, tant’è che si sta cercando di farla entrare in altri canali, e la stessa Unione Europea auspica che le tecniche di comunicazione siano offerte alla coppia in fase di preparazione al matrimonio. Tecniche che si rivelano utili per gestire qualunque ambito di vita relazionale, da quello lavorativo fino a quello familiare.

Alcune di esse sono state esposte ai corsisti, insieme agli errori della comunicazione e alle strategie positive per intavolare un dialogo efficace.

 

Vittoria Modafferi