Il professore di Storia Economica Andrea Filocamo, nella sua lezione inserita nel programma annuale “Parole potere e percezione della realtà” dell’Istituto formativo Mons. A. Lanza, ha esposto un’analisi critica delle più recenti riforme europee riguardanti il patto di stabilità e crescita, e ne è seguito un partecipato e vivace dibattito.
La crisi economica causata dallo scoppio della pandemia e le ingenti finanze pubbliche impiegate per combatterla hanno portato alla sospensione temporanea delle regole fiscali europee.
Dopo questo periodo c’è stato un consenso generale sulla necessità di una revisione delle norme di bilancio dell’UE, e la riforma approvata nell’aprile del 2024 si è posta l’obiettivo di rendere tali norme più chiare, più favorevoli agli investimenti e più flessibili in base alla situazione di ogni Stato membro.
In realtà, ha osservato il docente, questa riforma non sembra aver portato grosse innovazioni.
I limiti che già erano stati imposti dall’originario Trattato di Maastricht riguardanti i livelli del debito pubblico sono rimasti invariati: il deficit annuo di un Paese non può andare oltre il 3% del prodotto interno lordo e il debito pubblico complessivo non deve superare il 60% del PIL.
All’interno di una unione monetaria composta da tanti Stati diversi questi limiti sono fissati per evitare un eccessivo indebitamento e l’instabilità del sistema economico europeo.
Tuttavia, secondo il relatore, periodicamente queste regole si mostrano inefficaci e viene richiesta una loro modifica.
Il docente ha ripercorso la storia del patto di stabilità e crescita, accordo internazionale sottoscritto dagli Stati membri dell’Unione europea nel 1997, che ha ripreso i parametri del Trattato, e stabilito sanzioni maggiori per chi non avesse rispettato le regole dopo l’ingresso nella moneta unica.
Già dopo breve tempo dall’introduzione dell’euro, attorno al 2003, alcuni Paesi (Francia e Germania) non rispettarono i limiti ai disavanzi e subirono l’avvio della procedura di infrazione per eccesso di deficit.
I ministri dell’Ecofin decisero poi di non applicare a questi Paesi le sanzioni previste.
Nel 2005 il patto di stabilità venne riformato, stabilendo una maggiore tolleranza nei confronti del mancato rispetto dei limiti, in considerazione dell’avvio di importanti investimenti o in caso di situazioni particolari di crisi.
Dopo la crisi del debito sovrano nell’eurozona, nel 2008, fu proprio la Germania a riproporre regole più rigide, prevedendo anche che ogni singolo Paese introducesse nel proprio ordinamento la regola del pareggio di bilancio.
Dopo la sospensione del patto in seguito alla pandemia, nel 2021 l’Italia, per la prima volta dalla sua introduzione, risulta tra i primi Paesi europei per crescita del PIL. Ma adesso, dopo la recente riforma, è sottoposta a procedura d’infrazione, con forti limiti alla propria capacità di spesa e, probabilmente, alle proprie possibilità di crescita.