Nel suo DNA il principio democratico è scritto a chiare lettere. La sua storia, la sua evoluzione, il suo processo normativo e persino i suoi simboli sono intrisi di valori democratici. L’Unione Europea non soltanto riconosce ed accoglie quei valori, ma cerca di attuarli concretamente attraverso la promozione dei diritti per i suoi cittadini. Di questo aspetto si è ampiamente occupata la lezione del dott. Francesco Macheda – dirigente del settore patrimonio della Provincia di Reggio Calabria – svolta all’istituto di formazione politica “Mons. Lanza”. L’intera conversazione, infatti, ha dimostrato come l’avvento e la storia dell’UE – attraverso le fasi di allargamento dell’Unione e il suo sviluppo normativo – sono stati un baluardo del processo democratico e hanno migliorato lo status dei cittadini della comunità.
A partire dalla simbologia – ha affermato Macheda – si può intravedere una traccia democratica presente sin dalle origini dell’Unione. Le 12 stelle della bandiera, ad esempio, rappresentano ideali di unità, solidarietà e armonia tra i popoli, aspirazioni più che comprensibili all’indomani dei grandi lutti e disastri provocati dalla seconda guerra mondiale. Anche l’inno ufficiale si richiama ai valori di pace, libertà, fratellanza; mentre il motto ufficiale dell’Unione “unita nella diversità” esprime la grande ricchezza di cui è portatore un organismo sovranazionale formato da etnie, culture, lingue, storie e popoli molto diversi. Significativo è l’ultimo simbolo istituzionale, la Festa dell’Europa che si celebra ogni anno il 9 maggio a memoria della dichiarazione Schumann, (ministro degli Esteri francese) riconosciuta come il seme da cui nacque la Comunità europea del carbone e dell’acciaio. La festa è un omaggio al coraggio e alla lungimiranza di un uomo che ha creduto nell’unione di Stati nemici fino a poco tempo prima, e che ha fermamente voluto che i principi democratici si applicassero nel suo Paese e nel Continente. Questa parvenza di democraticità era chiara, dunque, già nei simboli di un’istituzione che, sebbene fosse nata per occuparsi di dazi doganali, di rapporti commerciali tra Stati membri, mirava ad andare oltre la materia degli scambi economici. L’importanza attribuita ai principi democratici – e lo sforzo di non farli degenerare – è evidente anche nel processo storico di integrazione. L’Unione Europea, infatti, li richiede come elementi imprescindibili agli Stati che aspirano ad aderirvi. Non sono mai entrati a far parte della comunità, governi privi di forme democratiche o che ne violassero i valori. Spagna, Portogallo, Grecia sono stati integrati solo dopo l’espulsione, al loro interno, di regimi non democratici. Lo stesso allargamento verso i Paesi dell’ex blocco comunista è avvenuto in seguito all’accettazione dei valori democratici quali la sovranità popolare, il pluralismo e il rispetto dei diritti basilari. Ma anche nel percorso di evoluzione degli atti normativi è possibile vedere la ricerca e l’attenzione dell’Unione Europea verso il principio democratico e la volontà di migliorarlo. Alcune date importanti lo confermano. Nel 1979 per la prima volta i cittadini dei singoli Stati potevano eleggere i propri rappresentanti al Parlamento europeo, unico organo elettivo. Nel Trattato di Maastricht del 1992 un articolo istituiva la cittadinanza europea, che si può acquisire possedendo la cittadinanza di uno Stato membro. Quella europea si aggiunge e integra la cittadinanza dei singoli Stati, non la mortifica, come pensavano gli “euroscettici”. Si tratta semplicemente di un nuovo status, di un nuovo diritto. Inoltre, l’anno successivo entravano a far parte delle normative alcuni aspetti e materie che non sono di rilievo economico, e la Comunità europea si trasformava in Unione.
“Questo trattato – ha affermato Macheda – ha una enorme rilevanza perché regola alcuni aspetti della vita quotidiana, che ci fanno realmente sentire cittadini europei e ci offrono maggiori diritti di quelli che abbiamo all’interno dei singoli Stati. Alcuni elementi che denotano questa cittadinanza a volte passano inosservati: pensiamo all’euro con cui si può acquistare e valutare un bene con la stessa moneta in Francia o in Germania. E pensiamo anche al curriculum in formato europeo che mette sullo stesso piano cittadini di diversi Paesi, dando le stesse garanzie”.
Un ulteriore passo verso l’acquisizione di nuovi diritti è stato attuato con il Trattato di Lisbona. Il Parlamento europeo, ad esempio, ha visti rafforzati i suoi poteri legislativi e di bilancio. Mentre i parlamenti nazionali possono interloquire con quello europeo e intervenire nel caso in cui esso non rispetti il principio di sussidiarietà. Questa previsione non fa altro che aumentare la democraticità. Inoltre, è stato esteso il voto a maggioranza qualificata a molte materie, limitando il principio di unanimità che bloccava i lavori e l’attività legislativa dell’Unione. Si chiariscono, poi, le competenze dell’Unione e degli Stati membri che possono perfino decidere di uscirne, a rispetto del principio di democrazia. È prevista, inoltre, l’elezione del Presidente del Consiglio europeo che garantisce maggiore unità d’indirizzo, intento che si ritrova anche nell’istituzione di un Ministro degli Esteri. Per la prima volta, grazie al trattato, i cittadini europei possono presentare petizioni popolari e proporre al Parlamento di approvare una legge. Ma le garanzie per i cittadini sono aumentate grazie a una gamma di diritti istituiti dal trattato, come ad es. quello di scrivere alle istituzioni, di circolare liberamente e soggiornare in uno Stato dell’Unione, di ricorrere al mediatore europeo per i malfunzionamenti negli uffici, di avere maggiore protezione diplomatica, e il pieno diritto di elettorato attivo e passivo. Non da ultima va ricordata la Carta dei diritti dei cittadini dell’Unione che è diventata giuridicamente vincolante: gli Stati membri devono adeguare la loro normativa a questi principi e ciò garantisce ulteriormente il cittadino, allargando la sua sfera di diritti. È indubbio quindi che il processo democratico sia ulteriormente migliorato, e che il cittadino goda di una maggiore considerazione, grazie al ruolo attivo esercitato dall’Unione che ha contribuito ad estendere le nostre prerogative, diritti, tutele e garanzie.
Vittoria Modafferi