Servi della tecnologia o cittadini informatici?

«L’informazione orientata non aiuta la formazione di una coscienza “liberata”, ma lascia i cittadini in uno stato di sudditanza. Ecco perché è indispensabile adoperare in modo consapevole gli strumenti di comunicazione, per poterli “piegare” all’uso corretto. Infatti, un cattivo utilizzo può portare alla dipendenza, alla mancanza di relazione, a una serie di danni che eliminano gli aspetti positivi del sistema informativo». Lo ha ribadito Francesca Panuccio – docente di diritto dell’informatica presso l’Università di Messina – durante una lezione all’Istituto di formazione politica “Mons. Lanza”. L’intervento della docente ha messo in luce sia gli aspetti critici legati ai mass media sia le loro potenzialità, valorizzate anche dalla Chiesa cattolica che è impegnata nel tentativo di abitare lo spazio sociale e culturale offerto dalla rete per evangelizzare. Gli stessi pontefici, da Giovanni Paolo II a papa Francesco, hanno usato i nuovi mezzi di comunicazione e i social network.

Il Compendio della dottrina sociale della Chiesa al n. 414 – ha sottolineato la prof.ssa Panuccio – riconosce che una informazione libera e pluralistica può influire positivamente sulla partecipazione dei cittadini alla vita politica e sociale. Il magistero, inoltre, apprezza i mezzi di comunicazione che devono servire per edificare e sostenere la comunità umana nei vari settori. Ciò vuol dire che sono strumenti al servizio del bene comune e dell’uomo e non contro l’uomo. Grazie agli sviluppi della tecnologia, infatti, le informazioni sono più rapide ed efficaci, e più facilmente accessibili. A questo proposito il Compendio afferma che bisognerebbe agevolare condizioni di uguaglianza nel possesso e nell’uso di tali strumenti. Se la distribuzione della tecnologia e dei prodotti tecnologici non è uguale per tutti, se la fruizione non è diretta a tutti, allora ci sarà una disparità nel possesso di informazioni che non permetterà la partecipazione alla vita sociale e politica.

Lo stesso diritto ad informare e ad essere informati è garantito dalla Costituzione, ma nella pratica non sempre si gode di una informazione libera ed imparziale. Gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione di questo obiettivo sono ad es. la concentrazione editoriale e televisiva – che ha effetti pericolosi per la vita democratica -, e i crescenti legami tra autorità governativa, potere finanziario e informazione. Questo intreccio garantisce un potere di intromissione che non è liberante per la persona, e non la rende partecipe della vita democratica. La società – ricorda ancora il Compendio – ha diritto ad una informazione fondata sulla verità, libertà, giustizia e solidarietà. E a questo riguardo – ha osservato la docente – viene in mente il ruolo del giornalista, che dovrebbe offrire la notizia in maniera libera, nel rispetto della verità, e attraverso di essa costruire un progetto di giustizia e solidarietà. Non sarebbe corretto, tra l’altro, dare dei messaggi negativi soprattutto ai giovani, ma bisognerebbe offrire sempre dei segni di speranza.

Quanto all’attuale sistema informativo, per la dottrina sociale resta fondamentale la questione se i media riescano a rendere migliore la persona umana, se la fanno diventare più matura spiritualmente, più cosciente della dignità umana, più responsabile ed aperta agli altri, specie ai bisognosi e ai deboli. O piuttosto i nuovi mezzi di comunicazione accrescono la solitudine, fanno diventare gli uomini degli atomi chiusi in se stessi, incapaci di comunicare? Questa ipotesi – ha constatato la Panuccio – si realizza spesso e mette in luce gli aspetti deteriori di internet e dei social network. Che possono quindi diventare strumenti di disgregazione familiare: la loro invadenza amplifica la crisi di valori già in atto. La coppia non entra più in una reciproca relazione mentre paradossalmente intreccia separatamente relazioni virtuali; i minori sono lasciati soli di fronte alla rete, che diventa la nuova baby sitter o, peggio, crea una vera e propria dipendenza. È indubbio, perciò, che questo sistema di comunicazione ha un potere diffusivo e un impatto superiore rispetto al passato. Ma non si può ignorare. Tanto che la stessa Commissione Episcopale Europea per i Media ha offerto una serie di orientamenti in ambito di politiche mediatiche, tenendo conto di internet e dei social network.

Internet, per es., può diventare uno strumento di evangelizzazione. Come fonte di informazione è un evidenziatore, un rivelatore, paragonato al missionario che parte per evangelizzare. E come il missionario deve conoscere il linguaggio della popolazione a cui si rivolge, così l’operatore pastorale in internet deve conoscere il linguaggio digitale. I media, inoltre, vengono considerati come spazio sociale e culturale che interessa le pratiche religiose, oltre che mezzi per trasmettere notizie. Si dice che nel XXI secolo le nuove cattedrali sono mediatiche, devono, cioè, essere costruite in rete. La rete, infatti, permette a tutti di inserirsi, senza che alcuno si senta soggiogato. Per fare ciò i sacerdoti, però, si devono circondare di laici competenti per costruire siti parrocchiali o movimenti. I laici, cioè, devono essere persone dotate della capacità di utilizzare lo strumento per creare collegamenti che consentano di evangelizzare via internet.

Anche la Chiesa, dunque, avverte l’opportunità di “esserci” dove le persone sono connesse, di creare reti di connessione. In questa prospettiva l’e-vangelizzazione è una tensione, un’azione missionaria attraverso una proposta esistenziale e spirituale, che si esplica abitando la realtà educativa offerta da internet. L’immagine del “pulpito virtuale”, allora, segnala la necessità della Chiesa di entrare nei new media riempiendoli di contenuti. In tal senso, un sito che possa dirsi cristiano deve occuparsi del mondo, non deve parlare il politichese, e chi vi scrive deve evitare di essere un ideologo, cioè non deve esprimersi attraverso dogmi imponendo la sua posizione. Al contrario dovrà essere aperto al dialogo e dare conto della speranza cristiana. Riuscire a concretizzare questi obiettivi è arduo e impegnativo. È, senz’altro, una nuova sfida per la Chiesa.

Vittoria Modafferi