Sistemi elettorali. Tipologie, funzionamento, aspetti critici. Uno sguardo tecnico ai complessi meccanismi elettorali. Ma non solo. Una panoramica sui possibili scenari politici, alla vigilia del voto di aprile. Questi i temi trattati alla scuola di formazione socio-politico “Monsignor Lanza”, durante l’ultimo incontro guidato da Antonino Spadaro – docente di diritto costituzionale presso l’Università Mediterranea.
Il contributo del professore Spadaro, non si è limitato a considerare i diversi sistemi elettorali, ma ha aperto un varco alla riflessione critica, per poter esercitare il voto in modo responsabile e cosciente. La prima parte della discussione è stata dedicata alla presentazione tecnica dei sistemi di voto, che si dividono essenzialmente in maggioritari, proporzionali e misti. Ma ognuna delle tre tipologie, ha delle articolazioni significative. Così, il sistema maggioritario prevede che nel collegio (di solito uninominale) venga eletto il candidato con la maggioranza dei voti. Nel maggioritario plurality, è sufficiente avere la maggioranza relativa per essere eletti. Questo sistema – vigente in Inghilterra e nel mondo anglosassone – ha però alcuni difetti. Il candidato che prende per ipotesi il 32% dei voti, rappresenta tutto il collegio, anche il 68% degli elettori che non lo hanno votato. E’ un sistema poco democratico. Può anche succedere che un partito con una percentuale di consensi che si aggiri intorno al 14 o 15% su base nazionale, non sia rappresentato in Parlamento, perché non è riuscito a vincere in nessun collegio elettorale. E’ quanto è successo ai liberali in Inghilterra. Il terzo difetto – ha spiegato Spadaro – consiste nel fatto che contando di più il numero dei seggi, possa accadere che un partito con più voti, prenda meno seggi. L’Inghilterra insegna ancora.
Il sistema proporzionale, invece, è il più democratico, ed è di solito collegato al collegio plurinominale. Vengono, cioè, eletti tanti candidati per ogni forza politica, in proporzione al numero di voti ricevuti. Anche se fotografa la realtà, il proporzionale “puro” non esiste, mentre sono introdotte spesso clausole di sbarramento (come accade in Germania).
Infine, i sistemi misti sono o prevalentemente maggioritari con una quota proporzionale (sistemi a doppio turno), o prevalentemente proporzionali con un premio di maggioranza. Il primo sistema è vigente in Francia e ha il pregio di indurre l’elettore alla riflessione. Garantisce libertà di scelta in un primo momento, e selezione in un secondo momento, determinando le alleanze solo in seconda battuta e non preventivamente.
In Italia oggi vige, invece, un sistema misto, in prevalenza proporzionale con un premio di maggioranza. La critica maggiore che viene mossa a questa legge elettorale, è l’impossibilità di votare un candidato, perché l’elettore può scegliere solo il simbolo, all’interno del quale c’è una gerarchia di persone scelte dallo stesso partito, che decide l’ordine.
«Non è questo l’aspetto più problematico – ha ribadito Spadaro. I sistemi proporzionali, sono generalmente slegati dalla scelta del candidato. Tuttavia, in questi sistemi, i partiti hanno una struttura democratica che permette ai suoi iscritti di votare – attraverso elezioni primarie – e di incidere sulla creazione delle liste dei candidati. In Italia, questo non avviene – ed è il tratto più discutibile del sistema – ma non è impossibile intervenire per modificare la legge, introducendo questa possibilità».
Altri aspetti che rendono complesso l’attuale sistema elettorale, sono le clausole di sbarramento – diverse alla Camera e al Senato, e a seconda se un partito corra da solo o si schieri in una coalizione, e il premio di maggioranza. Che consente di avere una maggioranza di seggi alla Camera sufficiente a governare, ma rende gli scenari del tutto imprevedibili al Senato. Con questa legge, è impossibile conseguire risultati elettorali certi. La cronaca recente lo conferma. E mentre c’è unanimità da parte delle forze politiche nel criticarla, nessuno ha voluto modificarla, probabilmente per ragioni di opportunismo. Quali saranno i nuovi scenari all’indomani del voto, è difficile prevederlo.
«Ora si parla di una grande coalizione tra i due maggiori schieramenti – ha affermato Spadaro. Direi che potrebbe persino andare bene per affrontare certi problemi, perché non è pensabile differire ancore determinate riforme. Chiunque governi, deve necessariamente occuparsi di alcuni settori, come rendere più snelli i rapporti di lavoro nella pubblica amministrazione. E deve formulare linee politiche chiare e coerenti, perché l’ambiguità non è più accettabile».
Quanto al periodo pre-elettorale che stiamo vivendo, il docente ha rilevato l’immancabile componente ideologica che si fa sentire negli schieramenti opposti. Che non risparmiano un pizzico di demagogia nei loro discorsi. Ma ha invitato i corsisti a valutare i programmi, a leggerli attentamente e confrontarli, sulla base di alcuni pilastri come la politica estera, quella fiscale e istituzionale. Senza dimenticare di dare un’occhiata alle liste, che sono una cartina al tornasole dei candidati.
«Forse è il momento di spezzare l’abitudine, di non farsi influenzare dall’aspetto ideologico, ma di valutare i programmi e i candidati. Tutto questo, lo possiamo fare. E noi dobbiamo pensare che il nostro voto può fare molto».
Vittoria Modafferi