la legge elettorale sotto giudizio: La sentenza della Consulta sulla L. n:270 del 2005

Una vicenda tecnicamente complessa, dall’iter pieno di ostacoli. Il suo approdo è la sentenza della Corte Costituzionale, che non ha mancato di suscitare commenti e polemiche. Si tratta della dichiarazione di illegittimità con cui la Suprema Corte ha cassato alcune parti della legge elettorale n°270/2005, conosciuta come “Porcellum”.

Capire i punti controversi, i motivi di incostituzionalità di certi profili normativi e le conseguenze di questa bocciatura, è stato l’obiettivo della lezione di Claudio Panzera – ricercatore di Diritto costituzionale all’Università Mediterranea – svolta all’Istituto di formazione politica “Mons. Lanza”.

Il docente ha inizialmente spiegato il complicato cammino con cui si è giunti al giudizio della Corte Costituzionale, iniziato con l’obiezione di un avvocato milanese, Aldo Bozzi, il quale affermava che la legge elettorale, per come congeniata, gli impediva di esercitare liberamente il suo diritto di voto in base ai principi costituzionali. La Cassazione, in seguito, ha ritenuto che ci fossero le condizioni per arrivare a un giudizio della Corte Costituzionale che, con sentenza del gennaio 2014, ha dichiarato incostituzionali due profili: il premio di maggioranza e le liste bloccate.

A questo punto il prof. Panzera ha fatto un passo indietro per spiegare i diversi sistemi elettorali, le loro caratteristiche nonché i vantaggi e i punti deboli. Il sistema elettorale – ha precisato – è uno strumento tecnico, che possiamo paragonare a un convertitore, grazie a cui si “convertono” i voti ottenuti in seggi. Il sistema, in genere, funziona e rispetta il circuito democratico se i voti in entrata corrispondono ai voti in uscita, cioè ai seggi assegnati. Se invece non c’è corrispondenza tra la quantità di voti e i seggi attribuiti, il sistema non è democratico. Tuttavia è difficile dimostrare l’esistenza di questo malfunzionamento, perché nella Costituzione non c’è un’indicazione sul sistema elettorale da adottare, dato che il Costituente ha lasciato la scelta alla libera competizione tra forze politiche. Il nostro ordinamento ha cambiato diversi sistemi elettorali, lasciando inalterata, però, l’omogeneità politica. Nel senso che il numero di partiti, la conseguente frammentazione politica e l’instabilità dei governi non sono mutati. E quindi sistemi elettorali diversi hanno prodotto risultati identici. In Italia non si sono mai scelti dei sistemi puri, proporzionali o maggioritari che fossero, bensì misti, che acquisivano elementi dell’uno e dell’altro sistema.

Il Porcellum è un proporzionale con dei correttivi: un premio di maggioranza e una clausola di sbarramento. Quest’ultima nasceva con l’obiettivo di evitare il potere di ricatto dei piccoli partiti. In base a tale clausola possono partecipare al riparto dei seggi solo quegli schieramenti o coalizioni di partiti che avessero ottenuto una certa percentuale di voti. L’altro correttivo, il premio di maggioranza, è stato introdotto per scongiurare la frammentazione e garantire un minimo di stabilità ai governi. In sostanza, si assegna un certo numero di seggi al partito o alla coalizione che ottiene anche un solo voto in più rispetto ai concorrenti. Dunque per avere il premio di maggioranza non è necessario raggiungere una soglia minima di voti. E questo aspetto, come si può facilmente capire, è piuttosto discutibile. Il secondo punto controverso riguarda le liste bloccate. Prima di questa legge, l’elettore poteva scegliere il parlamentare con un voto diretto; il Porcellum invece ha escluso tale possibilità, introducendo un pacchetto di nomi secondo un ordine prestabilito che non è possibile alterare. Premio di maggioranza e liste bloccate sono i due profili su cui è intervenuta la Corte Costituzionale, dichiarandoli incostituzionali.

La Corte, infatti, ha affermato che la legge in questione risulta manifestamente irragionevole e ha spiegato in modo chiaro il perché. Il premio di maggioranza – in quanto non subordina l’attribuzione di quel premio a un numero minimo di voti ottenuti dalla coalizione – trasforma una maggioranza relativa (per es. un consenso pari al 23%) in una maggioranza assoluta di seggi (il 55%), determinando una oggettiva alterazione  della rappresentanza democratica. C’è una sproporzione manifesta e abnorme tra voti in entrata e seggi ottenuti. Il premio è davvero sproporzionato, soprattutto se pensiamo che non è collegato a una soglia minima di voti. Inoltre, esso non riesce a raggiungere l’obiettivo per cui è stato introdotto, ovvero la governabilità. Infatti, le liste che prima delle elezioni si apparentano per superare la soglia di sbarramento, dopo le consultazioni possono dividersi, determinando l’implosione della coalizione e poi l’instabilità di governo.

Quanto alle liste bloccate, tale meccanismo è in contrasto con l’articolo 48 della Costituzione che afferma che “il voto è personale ed eguale, libero e segreto”. Se infatti l’elettore trova una lista molto lunga di candidati che non sono strettamente legati al territorio (e quindi difficilmente conosce), e non può nemmeno scegliere a quale candidato dare la preferenza, ebbene il voto non è più diretto perché si delega il partito a operare una selezione. Per ovviare a questo inconveniente che pecca di democraticità, bisognerebbe introdurre dei correttivi, come ad esempio la scelta dei candidati attraverso le primarie o la creazione di liste brevi in cui è più semplice conoscere i futuri rappresentanti. Invece, in assenza di qualunque correttivo il sistema di liste bloccate è illegittimo. Infatti, la Corte afferma che, con queste disposizioni, la libertà di voto riguarda solo la lista ed esclude la facoltà dell’elettore di incidere sulla scelta del rappresentante. Il fatto che la totalità dei parlamentari eletti è mancante dell’indicazione personale dei cittadini ferisce la logica della rappresentanza prevista dalla Costituzione.

A questo punto resta da capire cosa potrebbe succedere se si andasse a votare in assenza di una nuova legge elettorale (la Bozza Italicum è in discussione). Ebbene, la Corte ha spiegato che togliendo alcune parti del Porcellum, non viene meno il sistema elettorale, anzi esso è fruibile, pur ripulito di alcuni eccessi. Ciò che resta in piedi – ha concluso il docente – è l’attribuzione proporzionale dei seggi, con clausole di sbarramento, e il voto di preferenza.

 

Vittoria Modafferi