1968: la prima rivolta della comunità omosessuale in un villaggio americano. 2014: il primo “Gay Pride” in Calabria, che si svolgerà a Reggio il 19 luglio. Due date significative, entro le quali si racchiude un cammino segnato da lotte contro gli stereotipi, da battaglie per il recupero della dignità, dal bisogno di esprimere liberamente la propria affettività. Della storia e del significato del Gay Pride, delle difficoltà e dei pregiudizi che incontrano ancora oggi gli omosessuali, delle attività di informazione e di sostegno che svolgono tramite la loro associazione, si è parlato all’Istituto di formazione politica “Mons. Lanza”, in chiave di percorso nonviolento.
L’avvocato Lucio Dattola – presidente dell’Arcigay di Reggio – e Vincenzo Falzia hanno ricordato come e quando è nato il movimento omosessuale: nel 1968 l’ennesima retata della polizia in un locale gay, lo Stonewall Inn, ha provocato la reazione della comunità che per due giorni ha manifestato, reagendo all’irruzione delle forze dell’ordine e ai pregiudizi della collettività. Fino a quel momento la realtà vissuta dalle persone omosessuali era caratterizzata da una condizione di nascondimento e di detrimento della loro dignità. Subito dopo quei moti è nato il “movimento di liberazione omosessuale” che poi si è tradotto in una organizzazione, trasformandosi in Italia nell’Associazione Arcigay. I moti del ‘68 hanno segnato un momento importante, tanto che si è scelta quella data per celebrare, in tutto il mondo, la giornata dell’orgoglio omosessuale, o Gay Pride.
La manifestazione – ha spiegato Dattola – portava avanti un principio: le persone omosessuali che dichiaravano di avere un orientamento sessuale diverso da quello comune e maggioritario, chiedevano di essere rispettate e di poter esprimere questo loro essere. Partendo da una condizione di discriminazione, persino di “reclusione”, si è, pian piano, arrivati ad un forte recupero di dignità e di consapevolezza di sé. Prima, infatti, ci si doveva accontentare di una dignità e di una consapevolezza non piene, proprio perché avulse dall’aspetto pubblico e sociale. Oggi invece, ritrovata la propria dignità, questa consapevolezza – che traduce il significato del termine pride – si esprime in un forte orgoglio, che a volte assume la forma di rivendicazione. In realtà, una persona omosessuale vive spesso una situazione di imbarazzo – soprattutto se esprime pubblicamente un gesto di affetto – e non riceve quella serenità dall’ambiente sociale che lo circonda e che dovrebbe accoglierlo, per come si aspetterebbe. Quindi il vero senso della manifestazione, non sta negli aspetti pittoreschi del corteo – spesso evidenziati come unico aspetto dai media, che hanno offerto sino a d oggi una informazione maliziosa e travisata – ma piuttosto nel porre l’accento sulle persone, che hanno dei sentimenti e un’affettività, e che in quel corteo dimostrano la loro dimensione di persone a 360°. Il fatto che quest’anno – ha proseguito Dattola – si svolgerà a Reggio la prima manifestazione a livello regionale, è davvero significativo. Perché in Calabria solo ora comincia a svilupparsi un’attenzione autentica verso le tematiche che riguardano la violenza e la discriminazione subite da persone di ogni età, a causa dell’orientamento sessuale. E gli stessi comitati delle città calabresi non hanno mai provato a dare una evidenza pubblica a questa realtà. Ciò perché ancora la comunità omosessuale è, in parte, l’effetto del pregiudizio sociale.
“Nella nostra regione -secondo l’avv.Dattola – gli omosessuali sono convinti (o forse vengono convinti) ,che per poter vivere la loro condizione debbano necessariamente andare altrove. Non dimentichiamo che nell’ambiente familiare un figlio gay è una vergogna, è guardato spesso con pietà, è considerato addirittura un problema, un disvalore, una delle peggiori sciagure che possano capitare. Ecco perché il Pride a Reggio potrà dare dei segnali forti sia alla società civile che vive l’idea dell’omosessuale come una persona malata, da nascondere, o sbagliata, sia alla stessa comunità omosessuale che deve assumersi le proprie responsabilità, trasformandosi sempre di più in una comunità aperta al dialogo reale che fa crescere e aiuta l’intera comunità. . Infatti, nell’attuale momento storico, nella nostra particolare realtà sociale, economica e politica, fare i nichilisti non basta più. Chi ha compiuto un percorso che lo ha portato a recuperare la propria dignità, a conoscersi, a divenire consapevole di se stesso, e ha provato a costruire la sua felicità in questa realtà, ha il dovere di dimostrare e di dire al gruppo sociale chi è e cosa vuole. C’è poi una responsabilità che riguarda tutti i cittadini: essere consapevoli che per farsi un’idea e capire una realtà bisogna conoscerla, confrontarsi e dialogare con la stessa. “
Ecco perché invitiamo la cittadinanza a partecipare alle iniziative che accompagneranno il Pride, programmate nell’ottica della informazione e della conoscenza. Ci sono valori come la laicità delle istituzioni, il conseguimento del bene comune, la dignità della persona, la libertà, la nonviolenza, che sono comuni e alla base del nostro cammino. E chi crede in questi valori e nella possibilità di creare una società che valorizzi le diverse specificità, deve partecipare alla manifestazione.
Provate ad aprire una nuova finestra su questa realtà – ha concluso l’avv. Dattola – pensate se potete costruire qualcosa per la vostra città tenendo in considerazione anche questa realtà. E proviamo, tutti, a lavorare insieme per avere una società che includa e che non discrimini.
Vittoria Modafferi