Povertà e “centri di ascolto” a Reggio

ll’ISFPS A. Lanza, nell’ambito del tema disagio sociale, la Dott.ssa Simona Polimeni, curatrice del Libro bianco della Chiesa per la lotta alla povertà in collaborazione con l’ISSR e la Caritas diocesana, ha discusso con i corsisti di “povertà e centri di ascolto a Reggio Calabria”.

Dall’analisi dei dati Istat del Report 2017 è emerso che nell’anno precedente le famiglie residenti in Italia in condizione di povertà assoluta, cioè prive delle risorse primarie, sono state oltre 1 milione e 600 mila, mentre quelle in povertà relativa hanno superato i 2 milioni e 700 mila. La povertà relativa, aggravata dalla conseguente diseguaglianza economica e sociale, ha colpito principalmente le famiglie giovani; il Mezzogiorno resta l’area territoriale più a rischio di esclusione sociale e con la più alta presenza dei c.d Neet: persone, soprattutto giovani, che non studiano né lavorano.

Sul territorio dell’Arcidiocesi di Reggio-Bova le analisi hanno riguardato i dati ottenuti con il sistema Ospoweb (che registra le richieste di interventi e i relativi riscontri) di 6 Centri di Ascolto. Tante persone, in maggioranza donne, italiane e straniere quasi in pari numero, hanno richiesto assistenza, in particolare per avere sussidi economici, beni e servizi materiali, ma anche per trovare un alloggio o un lavoro (richiesta difficile da evadere). La relatrice – evidenziando come la fascia d’età dei richiedenti comprenda in prevalenza giovani e adulti in età lavorativa – ha segnalato che il dato risulta allarmante perché comporta anche l’impossibilità di progettare il proprio futuro.

Sul piano giuridico – partendo dalla definizione costituzionale di povertà, legata al principio di uguaglianza sostanziale (ex art. 3 c. 2 Cost.) – emerge la presenza “strutturale” di ostacoli economici e sociali.

Sul piano morale e religioso, Papa Francesco, nel messaggio per la giornata mondiale dei poveri, ha detto che l’omissione, cioè l’indifferenza – <<girarsi dall’altra parte quando il fratello è nel bisogno>> – è il grande peccato nei confronti dei bisognosi.

Per una lettura della fratellanza come modello di società, la dott.ssa Polimeni ha invitato a riflettere sul racconto biblico di Caino e Abele: l’invidia e l’individualismo egoista del primo conducono all’uccisione del fratello; dunque, più in generale, alla morte del “prossimo” e alla scissione del legame sociale. Per evitare questo esito è necessario “relazionarsi” e soccorrere il prossimo più debole, riconoscendo anche, nel rapporto di prossimità, le rispettive debolezze.

La dottrina sociale della Chiesa riafferma costantemente il principio di solidarietà e l’opzione preferenziale per i poveri, spronando a passare all’azione per promuovere, secondo le parole di San Giovanni Paolo II nell’Enciclica Sollecitudo rei socialis, <<il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti>>.

Nell’era neo-liberista della finanziarizzazione – in cui il consumismo determina persino le dinamiche del riconoscimento sociale – la povertà non è solo economica, coinvolgendo la più generale dimensione sociale della persona e generando un più ampio e complesso problema di giustizia sociale. A proposito, A. Sen in “L’idea di giustizia” ha indicato i principali modelli di giustizia tradottisi in strumenti di politica economica (tra cui quello egualitarista, l’utilitarista e quello pratico-liberale), per poi formulare una diversa teoria che tenga conto di tutti gli interessi in gioco, secondo una visione dialogica e relazionale.

In conclusione, la relatrice ha spiegato come le misure di welfare – attualmente impostate sul duplice sistema, prima della tassazione (che dovrebbe essere progressiva secondo i dettami costituzionali) e poi della successiva redistribuzione – possano e debbano orientarsi verso una logica “generativa”, nel quadro di una più profonda “rivoluzione della carità”.

Stefania Giordano