Evoluzione storica e problematiche della dottrina sociale della Chiesa

Immortale Dei

[…]Il vivere in una società civile è insito nella natura stessa dell’uomo: e poiché egli non può, nell’isolamento, procurarsi né il vitto né il vestiario necessario alla vita, né raggiungere la perfezione intellettuale e morale, per disposizione provvidenziale nasce atto a congiungersi e a riunirsi con gli altri uomini, tanto nella società domestica quanto nella società civile, la quale sola può fornirgli tutto quanto basta perfettamente alla vita.

 Rerum Novarum

  1. c) la vera utilità delle ricchezze
  2. […] nella ricchezza si suole distinguere il possesso legittimo dal legittimo uso. Naturale diritto dell’uomo è […] la privata proprietà dei beni e l’esercitare questo diritto è specialmente nella vita socievole, non pur lecito, ma assolutamente necessario. E’ lecito, dice san Tommaso, anzi necessario all’umana vita che l’uomo abbia la proprietà dei beni. […] Nessuno, certo, è tenuto a soccorrere gli altri con le cose necessarie a sé e ai suoi, anzi neppure con ciò che è necessario alla convivenza e al decoro del proprio stato, perchè nessuno deve vivere in modo non conveniente (13). Ma soddisfatte le necessità e la convenienza è dovere soccorrere col superfluo i bisognosi. Quello che sopravanza date in elemosina (14). Eccetto il caso di estrema necessità, questi, è vero, non sono obblighi di giustizia, ma di carità cristiana il cui adempimento non si può certamente esigere per via giuridica, […] chiunque ha ricevuto dalla munificenza di Dio copia maggiore di beni, sia esteriori e corporali sia spirituali, a questo fine li ha ricevuti, di servirsene al perfezionamento proprio, e nel medesimo tempo come ministro della divina provvidenza a vantaggio altrui: Chi ha dunque ingegno, badi di non tacere; chi ha abbondanza di roba, si guardi dall’essere troppo duro di mano nell’esercizio della misericordia; chi ha un’arte per vivere, ne partecipi al prossimo l’uso e l’utilità.
  3. d) vantaggi della povertà
  4. Ai poveri poi, la Chiesa insegna che innanzi a Dio non è cosa che rechi vergogna né la povertà né il dover vivere di lavoro. […] la vera dignità e grandezza dell’uomo è tutta morale, ossia riposta nella virtù; che la virtù è patrimonio comune, conseguibile ugualmente dai grandi e dai piccoli, dai ricchi e dai proletari; che solo alle opere virtuose, in chiunque si trovino, è serbato il premio dell’eterna beatitudine. Diciamo di più per gli infelici pare che Iddio abbia una particolare predilezione poiché Gesù Cristo chiama beati i poveri; in. vita amorosamente a venire da lui per conforto, quanti sono stretti dal peso degli affanni; i deboli e i perseguitati abbraccia con atto di carità specialissima. Queste verità sono molto efficaci ad abbassar l’orgoglio dei fortunati e togliere all’avvilimento i miseri, ad ispirare indulgenza negli uni e modestia negli altri. Così le distanze, tanto care all’orgoglio, si accorciano; né riesce difficile ottenere che le due classi, stringendosi la mano, scendano ad amichevole accordo.

Mater et Magistra

  1. Nel tradurre in termini di concretezza i principi e le direttive sociali, si passa di solito attraverso tre momenti: rilevazione delle situazioni; valutazione di esse nella luce di quei principi e di quelle direttive; ricerca e determinazione di quello che si può e si deve fare per tradurre quei principi e quelle direttive nelle situazioni, secondo modi e gradi che le stesse situazioni consentono o reclamano. Sono i tre momenti che si sogliono esprimere nei tre termini: vedere, giudicare, agire.

LETTERA ENCICLICA
PACEM IN TERRIS
DEL SOMMO PONTEFICE
GIOVANNI PP. XXIII
AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI
PRIMATI ARCIVESCOVI VESCOVI
E AGLI ALTRI ORDINARI LOCALI
CHE SONO IN PACE E COMUNIONE
CON LA SEDE APOSTOLICA,
AL CLERO E AI FEDELI DI TUTTO IL MONDO
NONCHÉ A TUTTI GLI UOMINI
DI BUONA VOLONTÀ :
SULLA PACE FRA TUTTE LE GENTI
NELLA VERITÀ, NELLA GIUSTIZIA,
NELL’AMORE, NELLA LIBERTÀ [1]

  1. Ancora una volta ci permettiamo di richiamare i nostri figli al dovere che hanno di partecipare attivamente alla vita pubblica e di contribuire all’attuazione del bene comune della famiglia umana e della propria comunità politica; e di adoprarsi quindi, nella luce della fede e con la forza dell’amore, perché le istituzioni a finalità economiche, sociali, culturali e politiche, siano tali da non creare ostacoli, ma piuttosto facilitare o rendere meno arduo alle persone il loro perfezionamento: tanto nell’ordine naturale che in quello soprannaturale.

GAUDIUM ET SPES

  1. Mutua relazione tra Chiesa e mondo.

[…] La Chiesa, procedendo dall’amore dell’eterno Padre (82), fondata nel tempo dal Cristo redentore, radunata nello Spirito Santo (83), ha una finalità salvifica ed escatologica che non può essere raggiunta pienamente se non nel mondo futuro. Ma essa è già presente qui sulla terra, ed è composta da uomini, i quali appunto sono membri della città terrena chiamati a formare già nella storia dell’umanità la famiglia dei figli di Dio, che deve crescere costantemente fino all’avvento del Signore. […]

Inoltre la Chiesa cattolica volentieri tiene in gran conto il contributo che, per realizzare il medesimo compito, han dato e danno, cooperando insieme, le altre Chiese o comunità ecclesiali.

Al tempo stesso essa è persuasa che, per preparare le vie al Vangelo, il mondo può fornirle in vario modo un aiuto prezioso mediante le qualità e l’attività dei singoli o delle società che lo compongono. […]

  1. L’aiuto che la Chiesa intende dare alla società umana.

[…]La Chiesa, inoltre, riconosce tutto ciò che di buono si trova nel dinamismo sociale odierno, soprattutto il movimento verso l’unità, il progresso di una sana socializzazione e della solidarietà civile ed economica. […] Infatti, la forza che la Chiesa riesce a immettere nella società umana contemporanea consiste in quella fede e carità effettivamente vissute, e non in una qualche sovranità esteriore esercitata con mezzi puramente umani. Inoltre, siccome in forza della sua missione e della sua natura non è legata ad alcuna particolare forma di cultura umana o sistema politico, economico, o sociale, la Chiesa per questa sua universalità può costituire un legame strettissimo tra le diverse comunità umane e nazioni, purché queste abbiano fiducia in lei e le riconoscano di fatto una vera libertà per il compimento della sua missione […]. Il Concilio, dunque, considera con grande rispetto tutto ciò che di vero, di buono e di giusto si trova nelle istituzioni, pur così diverse, che la umanità si è creata e continua a crearsi. […]

  1. L’aiuto che la Chiesa intende dare all’attività umana per mezzo dei cristiani.

[…] Sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza stabile ma che cerchiamo quella futura (93), pensano che per questo possono trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno (94).

[…] ]Per lo più sarà la stessa visione cristiana della realtà che li orienterà, in certe circostanze, a una determinata soluzione. Tuttavia, altri fedeli altrettanto sinceramente potranno esprimere un giudizio diverso sulla medesima questione, come succede abbastanza spesso e legittimamente.

Ché se le soluzioni proposte da un lato o dall’altro, anche oltre le intenzioni delle parti, vengono facilmente da molti collegate con il messaggio evangelico, in tali casi ricordino essi che nessuno ha il diritto di rivendicare esclusivamente in favore della propria opinione l’autorità della Chiesa.

  1. L’aiuto che la Chiesa riceve dal mondo contemporaneo.

Come è importante per il mondo che esso riconosca la Chiesa quale realtà sociale della storia e suo fermento, così pure la Chiesa non ignora quanto essa abbia ricevuto dalla storia e dall’evoluzione del genere umano. L’esperienza dei secoli passati, il progresso della scienza, i tesori nascosti nelle varie forme di cultura umana, attraverso cui si svela più appieno la natura stessa dell’uomo e si aprono nuove vie verso la verità, tutto ciò è di vantaggio anche per la Chiesa.

Essa, infatti, fin dagli inizi della sua storia, imparò ad esprimere il messaggio di Cristo ricorrendo ai concetti e alle lingue dei diversi popoli; inoltre si sforzò di illustrarlo con la sapienza dei filosofi: e ciò allo scopo di adattare il Vangelo, nei limiti convenienti, sia alla comprensione di tutti, sia alle esigenze dei sapienti. E tale adattamento della predicazione della parola rivelata deve rimanere la legge di ogni evangelizzazione. […] viene promosso uno scambio vitale tra la Chiesa e le diverse culture dei popoli (102). Allo scopo di accrescere tale scambio, oggi soprattutto, che i cambiamenti sono così rapidi e tanto vari i modi di pensare, la Chiesa ha bisogno particolare dell’apporto di coloro che, vivendo nel mondo, ne conoscono le diverse istituzioni e discipline e ne capiscono la mentalità, si tratti di credenti o di non credenti […]

Anzi, la Chiesa confessa che molto giovamento le è venuto e le può venire perfino dall’opposizione di quanti la avversano o la perseguitano (103).

  1. Natura e fine della comunità politica

La comunità politica esiste in funzione di quel bene comune, nel quale essa trova significato e piena giustificazione e che costituisce la base originaria del suo diritto all’esistenza.

[…] Il bene comune si concreta nell’insieme di quelle condizioni di vita sociale che consentono e facilitano agli esseri umani, alle famiglie e alle associazioni il conseguimento più pieno della loro perfezione (157) […]

POPULORUM PROGRESSIO

Visione cristiana dello sviluppo

  1. Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere autentico sviluppo, deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo. Com’è stato giustamente sottolineato da un eminente esperto: “noi non accettiamo di separare l’economico dall’umano, lo sviluppo dalla civiltà dove si inserisce. Ciò che conta per noi è l’uomo, ogni uomo, ogni gruppo d’uomini, fino a comprendere l’umanità intera”.

OCTOGESIMA ADVENIENS

  1. Di fronte a situazioni tanto diverse, ci è difficile pronunciare una parola unica e proporre una soluzione di valore universale. […]

LABOREM EXERCENS

[…] 8. Perciò, bisogna continuare a interrogarsi circa il soggetto del lavoro e le condizioni in cui egli vive. Per realizzare la giustizia sociale nelle varie parti del mondo, nei vari Paesi e nei rapporti tra di loro, sono necessari sempre nuovi movimenti di solidarietà degli uomini del lavoro e di solidarietà con gli uomini del lavoro. Tale solidarietà deve essere sempre presente là dove lo richiedono la degradazione sociale del soggetto del lavoro, lo sfruttamento dei lavoratori e le crescenti fasce di miseria e addirittura di fame. La Chiesa e vivamente impegnata in questa causa, perché la considera come sua missione, suo servizio, come verifica della sua fedeltà a Cristo, onde essere veramente la «Chiesa dei poveri». E i «poveri» compaiono sotto diverse specie; compaiono in diversi posti e in diversi momenti; compaiono in molti casi come risultato della violazione della dignità del lavoro umano: sia perché vengono limitate le possibilità del lavoro – cioè per la piaga della disoccupazione -, sia perché vengono svalutati il lavoro ed i diritti che da esso scaturiscono, specialmente il diritto al giusto salario, alla sicurezza della persona del lavoratore e della sua famiglia. 

SOLLICITUDO REI SOCIALIS

  1. È da rilevare, pertanto, che un mondo diviso in blocchi, sostenuti da ideologie rigide, dove, invece dell’interdipendenza e della solidarietà, dominano differenti forme di imperialismo, non può che essere un mondo sottomesso a «strutture di peccato». La somma dei fattori negativi, che agiscono in senso contrario a una vera coscienza del bene comune universale e all’esigenza di favorirlo, dà l’impressione di creare, in persone e istituzioni, un ostacolo difficile da superare. Se la situazione di oggi è da attribuire a difficoltà di diversa indole, non è fuori luogo parlare di «strutture di peccato», le quali […] si radicano nel peccato personale e, quindi, son sempre collegate ad atti concreti delle persone, che le introducono, le consolidano e le rendono difficili da rimuovere. E così esse si rafforzano, si diffondono e diventano sorgente di altri peccati, condizionando la condotta degli uomini.

«Peccato» e «strutture di peccato» sono categorie che non sono spesso applicate alla situazione del mondo contemporaneo. Non si arriva, però, facilmente alla comprensione profonda della realtà quale si presenta ai nostri occhi, senza dare un nome alla radice dei mali che ci affliggono. Si può parlare certo di «egoismo» e di «corta veduta»; si può fare riferimento a «calcoli politici sbagliati», a «decisioni economiche imprudenti». E in ciascuna di tali valutazioni si nota un’eco di natura etico-morale. La condizione dell’uomo è tale da rendere difficile un’analisi più profonda delle azioni e delle omissioni delle persone senza implicare, in una maniera o nell’altra, giudizi o riferimenti di ordine etico. Questa valutazione è di per sé positiva, specie se diventa coerente fino in fondo e se si basa sulla fede in Dio e sulla sua legge, che ordina il bene e proibisce il male.

In ciò consiste la differenza tra il tipo di analisi socio-politica e il riferimento formale al «peccato» e alle «strutture di peccato». Secondo quest’ultima visione si inseriscono la volontà di Dio tre volte Santo, il suo progetto sugli uomini, la sua giustizia e la sua misericordia. Il Dio ricco in misericordia, redentore dell’uomo, Signore e datore della vita, esige dagli uomini atteggiamenti precisi che si esprimano anche in azioni o omissioni nei riguardi del prossimo. Si ha qui un riferimento alla «seconda tavola» dei dieci Comandamenti (Es 20,12); (Dt 5,16): con l’inosservanza di questi si offende Dio e si danneggia il prossimo, introducendo nel mondo condizionamenti e ostacoli, che vanno molto più in là delle azioni e del breve arco della vita di un individuo. S’interferisce anche nel processo dello sviluppo dei popoli, il cui ritardo o la cui lentezza deve essere giudicata anche sotto tale luce.

  1. A questa analisi generale di ordine religioso si possono aggiungere alcune considerazioni particolari, per notare che tra le azioni e gli atteggiamenti opposti alla volontà di Dio e al bene del prossimo e le «strutture» che essi inducono, i più caratteristici sembrano oggi soprattutto due: da una parte, la brama esclusiva del profitto e dall’altra, la sete del potere col proposito di imporre agli altri la propria volontà. A ciascuno di questi atteggiamenti si può aggiungere, per caratterizzarli meglio, l’espressione: «a qualsiasi prezzo». In altre parole, siamo di fronte all’assolutizzazione di atteggiamenti umani con tutte le possibili conseguenze. Anche se di per sé sono separabili, sicché l’uno potrebbe stare senza l’altro, entrambi gli atteggiamenti si ritrovano-nel panorama aperto davanti ai nostri occhi-indissolubilmente uniti, sia che predomini l’uno o l’altro. Ovviamente, a cader vittime di questo duplice atteggiamento di peccato non sono solo gli individui. possono essere anche le Nazioni e i blocchi. E ciò favorisce di più l’introduzione delle «strutture di peccato», di cui ho parlato. Se certe forme di «imperialismo» moderno si considerassero alla luce di questi criteri morali, si scoprirebbe che sotto certe decisioni, apparentemente ispirate solo dall’economia o dalla politica si nascondono vere forme di idolatria: del denaro, dell’ideologia, della classe, della tecnologia. Ho voluto introdurre questo tipo di analisi soprattutto per indicare quale sia la vera natura del male a cui ci si trova di fronte nella questione dello «sviluppo dei popoli»: si tratta di un male morale, frutto di molti peccati, che portano a «strutture di peccato». Diagnosticare così il male significa identificare esattamente, a livello della condotta umana, il cammino da seguire per superarlo.

CENTESIMUS ANNUS

  1. Conviene ora rivolgere l’attenzione agli specifici problemi ed alle minacce, che insorgono all’interno delle economie più avanzate e sono connesse con le loro peculiari caratteristiche. Nelle precedenti fasi dello sviluppo, l’uomo è sempre vissuto sotto il peso della necessità: i suoi bisogni erano pochi, fissati in qualche modo già nelle strutture oggettive della sua costituzione corporea, e l’attività economica era orientata a soddisfarli. È chiaro che oggi il problema non è solo di offrirgli una quantità di beni sufficienti, ma è quello di rispondere ad una domanda di qualità: qualità delle merci da produrre e da consumare; qualità dei servizi di cui usufruire; qualità dell’ambiente e della vita in generale.

La domanda di un’esistenza qualitativamente più soddisfacente e più ricca è in sé cosa legittima; ma non si possono non sottolineare le nuove responsabilità ed i pericoli connessi con questa fase storica. Nel modo in cui insorgono e sono definiti i nuovi bisogni, è sempre operante una concezione più o meno adeguata dell’uomo e del suo vero bene: attraverso le scelte di produzione e di consumo si manifesta una determinata cultura, come concezione globale della vita. È qui che sorge il fenomeno del consumismo. Individuando nuovi bisogni e nuove modalità per il loro soddisfacimento, è necessario lasciarsi guidare da un’immagine integrale dell’uomo, che rispetti tutte le dimensioni del suo essere e subordini quelle materiali e istintive a quelle interiori e spirituali. Al contrario, rivolgendosi direttamente ai suoi istinti e prescindendo in diverso modo dalla sua realtà personale cosciente e libera, si possono creare abitudini di consumo e stili di vita oggettivamente illeciti e spesso dannosi per la sua salute fisica e spirituale. Il sistema economico non possiede al suo interno criteri che consentano di distinguere correttamente le forme nuove e più elevate di soddisfacimento dei bisogni umani dai nuovi bisogni indotti, che ostacolano la formazione di una matura personalità. È, perciò, necessaria ed urgente una grande opera educativa e culturale, la quale comprenda l’educazione dei consumatori ad un uso responsabile del loro potere di scelta, la formazione di un alto senso di responsabilità nei produttori e, soprattutto, nei professionisti delle comunicazioni di massa, oltre che il necessario intervento delle pubbliche Autorità.

Un esempio vistoso di consumo artificiale, contrario alla salute e alla dignità dell’uomo e certo non facile a controllare, è quello della droga. La sua diffusione è indice di una grave disfunzione del sistema sociale e sottintende anch’essa una «lettura» materialistica e, in un certo senso, distruttiva dei bisogni umani. Così la capacità innovativa dell’economia libera finisce con l’attuarsi in modo unilaterale ed inadeguato. La droga come anche la pornografia ed altre forme di consumismo, sfruttando la fragilità dei deboli, tentano di riempire il vuoto spirituale che si è venuto a creare.

Non è male desiderare di viver meglio, ma è sbagliato lo stile di vita che si presume esser migliore, quando è orientato all’avere e non all’essere e vuole avere di più non per essere di più, ma per consumare l’esistenza in un godimento fine a se stesso. È necessario, perciò, adoperarsi per costruire stili di vita, nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti. In proposito, non posso ricordare solo il dovere della carità, cioè il dovere di sovvenire col proprio «superfluo» e, talvolta, anche col proprio «necessario» per dare ciò che è indispensabile alla vita del povero. Alludo al fatto che anche la scelta di investire in un luogo piuttosto che in un altro, in un settore produttivo piuttosto che in un altro, è sempre una scelta morale e culturale. Poste certe condizioni economiche e di stabilità politica assolutamente imprescindibili, la decisione di investire, cioè di offrire ad un popolo l’occasione di valorizzare il proprio lavoro, è anche determinata da un atteggiamento di simpatia e dalla fiducia nella Provvidenza, che rivelano la qualità umana di colui che decide.

CARITAS IN VERITATE

  1. 7. Bisogna poi tenere in grande considerazione il bene comune. Amare qualcuno è volere il suo bene e adoperarsi efficacemente per esso. Accanto al bene individuale, c’è un bene legato al vivere sociale delle persone: il bene comune. È il bene di quel “noi-tutti”, formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale. Non è un bene ricercato per se stesso, ma per le persone che fanno parte della comunità sociale e che solo in essa possono realmente e più efficacemente conseguire il loro bene. Volere il bene comune e adoperarsi per esso è esigenza di giustizia e di carità. Impegnarsi per il bene comune è prendersi cura, da una parte, e avvalersi, dall’altra, di quel complesso di istituzioni che strutturano giuridicamente, civilmente, politicamente, culturalmente il vivere sociale, che in tal modo prende forma di pólis, di città. Si ama tanto più efficacemente il prossimo, quanto più ci si adopera per un bene comune rispondente anche ai suoi reali bisogni. Ogni cristiano è chiamato a questa carità, nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità d’incidenza nella pólis. È questa la via istituzionale — possiamo anche dire politica — della carità, non meno qualificata e incisiva di quanto lo sia la carità che incontra il prossimo direttamente, fuori delle mediazioni istituzionali della pólis. Quando la carità lo anima, l’impegno per il bene comune ha una valenza superiore a quella dell’impegno soltanto secolare e politico [..].
  2. 31. Questo significa che le valutazioni morali e la ricerca scientifica devono crescere insieme e che la carità deve animarle in un tutto armonico interdisciplinare, fatto di unità e di distinzione. La dottrina sociale della Chiesa, che ha « un’importante dimensione interdisciplinare », può svolgere, in questa prospettiva, una funzione di straordinaria efficacia. Essa consente alla fede, alla teologia, alla metafisica e alle scienze di trovare il loro posto entro una collaborazione a servizio dell’uomo. È soprattutto qui che la dottrina sociale della Chiesa attua la sua dimensione sapienziale. Paolo VI aveva visto con chiarezza che tra le cause del sottosviluppo c’è una mancanza di sapienza, di riflessione, di pensiero in grado di operare una sintesi orientativa, per la quale si richiede « una visione chiara di tutti gli aspetti economici, sociali, culturali e spirituali ». L’eccessiva settorialità del sapere la chiusura delle scienze umane alla metafisica, le difficoltà del dialogo tra le scienze e la teologia sono di danno non solo allo sviluppo del sapere, ma anche allo sviluppo dei popoli, perché, quando ciò si verifica, viene ostacolata la visione dell’intero bene dell’uomo nelle varie dimensioni che lo caratterizzano. L’« allargamento del nostro concetto di ragione e dell’uso di essa » è indispensabile per riuscire a pesare adeguatamente tutti i termini della questione dello sviluppo e della soluzione dei problemi socio-economici. (Prof.ssa Giovanna Cassalia)