Qual è il legame che unisce la cittadinanza con l’istruzione? Ci sono soggetti con un ruolo privilegiato nell’educazione alla cittadinanza? Di questi aspetti si è occupato il secondo incontro sulla cittadinanza attiva svoltosi ad Arghillà – nell’ambito del progetto pastorale diocesano che coinvolge il territorio della parrocchia Sant’Aurelio – con il supporto della scuola di formazione politica “Monsignor Lanza”. Il parroco don Francesco Megale ha introdotto il tema della serata, e ha ringraziato i relatori per il loro prezioso contributo, volto a far conoscere sempre meglio il mondo dell’istruzione.
«Oggi la scuola – ha spiegato – vive un momento di crisi e di forti critiche. Come parroco ascolto genitori, alunni e professori, e mi rendo conto dei conflitti che sorgono tra genitori e insegnanti o tra questi ultimi e gli alunni. È una situazione complessa, in cui si riscontra la fatica di essere educatori. Tutti devono rimboccarsi le maniche e aiutare i ragazzi che hanno qualche difficoltà a vivere bene quel momento particolare della loro vita, e far comprendere quanto sia importante l’istruzione per il loro futuro».
Anche Francesca Panuccio – docente presso l’Università di Messina – ha sottolineato il delicato ruolo delle agenzie educative, collegandolo al tema della cittadinanza. «È difficile dare una definizione univoca di cittadinanza – ha chiarito la Panuccio -. Mi soffermo su due significati. Uno è quello di cittadinanza come residenza, che indica un’appartenenza al luogo in cui si vive. Chi è residente, è radicato in un territorio e di esso conosce un catalogo di diritti e di doveri. Ad esempio ci sono alcune prestazioni minime che fanno parte dei diritti sociali che ognuno può esigere, come la scuola, lo sport, la sanità. E poi ad un livello più ampio rientrano il diritto alla pubblica sicurezza, alla città pulita e illuminata… Accanto ai diritti, però, la cittadinanza ci fa riconoscere dei doveri, come l’adempimento del dovere professionale, l’accoglienza del diverso e la denuncia di situazioni insopportabili.
Infine, vi è il concetto di cittadinanza europea. Il preambolo della Carta di Nizza contiene il riconoscimento del diritto alla riservatezza, alla vita, alla famiglia. Se tentiamo di calare questa idea di cittadinanza europea nel concreto della vita familiare, ci viene da pensare ai master, alle esperienze di studio all’estero, che coinvolgono sempre più i nostri giovani studenti. Quindi, se è vero che dentro di noi batte un cuore europeo senza confini, questo cuore deve essere scaldato dal tentativo costante di formazione. Ecco che l’idea di cittadinanza si collega all’istruzione attraverso la formazione. Che sia, cioè, formazione di una cultura che arricchisce l’uomo, e apporti l’originalità del contributo personale richiedendo il coinvolgimento dell’intelligenza.
Nelle agenzie educative, come la scuola, la famiglia, l’università, si cresce, ci si forma, si trasmettono conoscenze che spingono ad un impegno, per gli altri e con gli altri, che si testimonia con la vita. Lì si impara a vivere relazioni fondate sul rispetto dei diritti, in un clima di accoglienza e solidarietà, facendo un uso moderato dei beni, per offrire a tutti occasioni di confronto e di crescita. Alla scuola spetta il compito di educare alla convivenza, alla partecipazione, a un atteggiamento di relazioni che dovrebbe essere l’atteggiamento della propria vita. L’insegnante, in particolare, dovrebbe essere un testimone che guida i ragazzi nella crescita, li aiuta a scegliere, li orienta».
E proprio da un insegnante, da anni a contatto con gli adolescenti, è pervenuta un’analisi spassionata della scuola, che ha messo in luce difetti e criticità del sistema, offrendo tuttavia dei suggerimenti interessanti. Salvatore Miceli, professore di lettere presso le scuole medie inferiori di Reggio Calabria, ha cercato di andare a fondo del problema, interrogandosi sulle radici della crisi. «La scuola così com’è non va, è malata. Non per questo dobbiamo buttarla via, ma cercare di migliorarla. Il sistema scuola – come agenzia educativa – non incide in modo profondo sulla personalità di un ragazzo, non riesce a “cambiargli la vita”. Mentre altre agenzie educative offrono chiavi vere per scelte di vita importanti. Non è grazie alla scuola che si risolvono certe situazioni caratteriali complesse. Inoltre, la scuola non sempre raggiunge il risultato di offrire cultura (che non è istruzione, bensì, sapientia, coltivazione dell’anima), di cambiare in meglio la persona e farla crescere sviluppando i suoi talenti. Questo perché agisce poco sulla sfera emotiva ed affettiva, che implica il coinvolgimento del ragazzo e incide profondamente sulla personalità. La scuola italiana, invece, si basa sul binomio italiano-matematica, escludendo quelle materie che potrebbero toccare le corde profonde del cuore, come l’arte, la musica, la poesia, lo sport. Il mondo dei sentimenti, dei linguaggi non verbali che sono universali e grazie ai quali tutti ci capiamo, sono i veri assenti della scuola italiana. Nessuna riforma ha battuto la strada di questa direzione, attraverso cui si crea relazione (ciò che fa stare bene e crea armonia col mondo) e non semplicemente contatto (conoscenza superficiale di più persone). Purtroppo oggi cresce sempre più il numero di alunni per classe – per seguire la logica del risparmio – e ciò non permette di dare la priorità alle relazioni, di curare la singola persona e il piccolo gruppo. Con l’attuale riforma, inoltre, si bada molto all’ampiezza e poco alla profondità, credendo erroneamente che se si sanno tante cose si può diventare profondi. Invece è vero il contrario: dalla profondità deriva l’ampiezza. Chi cresce alla scuola della sapienza, cioè, sente il bisogno di avere molte conoscenze. Infine, un’altra nota dolente della scuola è il reclutamento, la formazione e l’aggiornamento degli insegnanti. Non è detto che chi vince un concorso sappia poi affrontare un gruppo, avere relazioni di gruppo. Così gli insegnanti sono poco apprezzati per la strada della sapienza, della profondità, della relazione. Ma non è colpa loro. Tutti noi dovremmo impegnarci per cercare di creare una scuola, una università, un mondo in cui la relazione sia prioritaria e di grande qualità affettiva». Anche il pubblico presente all’incontro ha rilevato, attraverso liberi interventi, le criticità del sistema scolastico e le pecche delle principali agenzie educative. Tuttavia, come ha ribadito don Francesco, «bisogna guardare agli aspetti positivi di ogni persona e di ogni realtà, e da lì ripartire per confermare che il cambiamento è possibile».
Vittoria Modafferi