Sei miliardi di euro è il costo previsto per la sua realizzazione. I tempi di esecuzione si aggirano intorno ai 7 anni. La posa della prima pietra avverrà tra circa un mese. Eppure il progetto esecutivo ancora non è stato preparato. Stiamo parlando del ponte sullo Stretto di Messina, una delle più controverse “grandi opere” che il governo si accinge a realizzare. Di questa imponente infrastruttura si è discusso alla scuola di formazione politico-sociale “Monsignor Lanza” durante la lezione del prof. Francesco Manganaro – direttore della scuola ed ordinario di Diritto amministrativo – dal titolo Democrazia partecipata o democrazia negata? Il caso del Ponte sullo Stretto.
Molti i punti toccati: si è parlato, infatti, del contesto normativo entro cui si collocano le opere pubbliche, della partecipazione popolare alla realizzazione delle stesse, delle opposte esigenze dell’amministrazione di operare bene e in fretta. Su quest’ultimo aspetto il professore Manganaro ha infatti puntualizzato che le moderne amministrazioni sono sempre più complesse e devono curare interessi pubblici diversificati, sentendo forte l’esigenza di realizzare un servizio in tempi brevi. Quindi, il problema reale della pubblica amministrazione è contemperare due esigenze opposte: fare bene – cioè garantire la legalità, attraverso il rispetto della legge, seguire le regole, consentire la partecipazione – e fare presto, così da accrescere la fiducia dei cittadini.
Proprio per accorciare i tempi di realizzazione delle opere pubbliche, nel 2001 si varò la legge 443. Alle grandi opere, in sostanza, non si doveva applicare la normativa ordinari vigente per le opere pubbliche, ma una normativa più semplificata, che permetteva anche l’approvazione ed il finanziamento dell’opera con il solo progetto preliminare. Nonostante fosse animata dal fine di imprimere un’accelerazione all’attuazione di grandi opere pubbliche, questa legge è stata molto criticata e non ha funzionato bene. A volte, infatti, si è dovuta affrontare la contestazione delle popolazioni interessate, altre volte, invece, l’esecuzione delle opere non è stata così rapida come si prevedeva. Non sempre, infatti, l’accelerazione dell’opera nella fase preliminare consente, nei fatti, di realizzarla presto. E a questo proposito il docente ha portato due esempi concreti riguardanti la costruzione della metropolitana di Milano e di Zurigo. Nella città elvetica la fase preparatoria fu piuttosto lunga, anche a causa di un’intensa partecipazione popolare alle riunioni di progettazione. Ma nonostante ciò, la realizzazione della metro fu piuttosto rapida in seguito all’approvazione del progetto. Questo sta a dimostrare che non sempre la partecipazione popolare rallenta i processi di esecuzione, e che si può far bene e presto. Mentre a Milano accadde l’opposto: fase preliminare breve, ma tempi lunghi di esecuzione.
Quanto alla valutazione sull’impatto ambientale, la legge sulle grandi opere stabilisce che sia fatta da una Commissione speciale nominata dal governo e istituita presso il Ministero dell’ambiente. È, quindi, altamente improbabile che la Commissione si esprima in senso negativo proprio perché i suoi membri sono incaricati dallo stesso governo che vuole realizzare l’opera. Anche per la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina, la Commissione si è pronunciata in modo positivo, ammettendo la fattibilità dell’opera. Tuttavia, nel documento cartaceo – che il professore Manganaro ha portato ai corsisti – in cui la Commissione esprime il suo parere sull’opera, ci sono più di 30 prescrizioni, ovvero 30 questioni che devono essere risolte prima della seconda fase della progettazione, cioè quella esecutiva. La Commissione, dunque, con grande onestà intellettuale, critica il progetto preliminare, chiedendo che nel progetto esecutivo ci siano ulteriori studi su molti aspetti trascurati. In particolare, le questioni controverse riguardano la scarsa conoscenza degli effetti del riverbero della luce e del rumore del vento tra le strutture del ponte sulla popolazione. Qui la commissione prescrive che si realizzino opere di mitigazione degli effetti del rumore. Altrettanto sconosciuti sono gli effetti di disturbo sulle migrazioni di uccelli e cetacei.
Ma ancora più rilevante è la mancanza di uno studio sul traffico del ponte: stando così le cose, gli ipotetici finanziatori privati non potrebbero sapere se il ponte sarà redditizio per i loro investimenti. Il parere della Commissione inoltre prescrive l’aggiornamento degli studi geo-tettonici e geo- strutturali e degli studi idrogeologici per le fasce del territorio interessate dallo scavo necessario per la realizzazione degli immensi piloni alti 380 metri e larghi circa 50 metri di diametro. Non essendoci nemmeno studi rilevanti sulla impermeabilizzazione dei due laghi di Ganzirri, tutelati da norme europee, non si conosce il loro destino al momento dello scavo dei piloni. Quel che è certo è che ci saranno delle incisive modificazioni urbane su entrambe le sponde, con la scomparsa di molte case ed edifici, la cui demolizione è già prevista. Dunque, il parere della Commissione si pronuncia positivamente circa la fattibilità dell’opera, ma esprime raccomandazioni e impone prescrizioni. In attesa che il progetto esecutivo venga varato. Prima della posa in opera della prima pietra.
Vittoria Modafferi