“Regionalismo e partecipazione”

Compiangersi e lamentarsi dei politici, degli amministratori e delle istituzioni serve a poco o a niente. Bisogna, invece, tentare di riformare le cose partendo dal basso, mantenendo alto l’interesse e la vigilanza della comunità sulla gestione della cosa pubblica. In questo senso, gli strumenti di partecipazione popolare alle attività degli enti locali rappresentano l’unico terreno possibile di rinascita delle istituzioni democratiche in Italia. Così Claudio Panzera – ricercatore di diritto costituzionale all’Università Mediterranea – ha sottolineato l’importanza della partecipazione attiva dei cittadini, durante una lezione all’Istituto di formazione socio politica “Mons. Lanza”, intitolata Regionalismo e partecipazione.

La Costituzione italiana – ha spiegato il docente – è disseminata di tanti semi che indicano come la partecipazione è una sorta di musica di sottofondo che accompagna tutte le forme di esercizio del potere pubblico. Esiste, infatti, un nutrito riferimento alla partecipazione come diritto del cittadino che incarna la volontà popolare, ma anche come dovere del singolo a non essere indifferente alla vita politica, sociale ed economica del Paese. E le norme inerenti al diritto di voto,  referendum, petizione, iniziativa legislativa, declinano alcune modalità concrete di partecipazione popolare diretta. In ambito regionale, la stessa Costituzione contiene in nuce degli elementi che indicano alle Regioni come devono porsi a tal riguardo e quanti strumenti devono predisporre come livello minimo di partecipazione. L’art.123, ad esempio, disciplina lo statuto delle Regioni, il quale deve predisporre gli strumenti e gli istituti di partecipazione, come il diritto di iniziativa legislativa e il referendum su leggi e provvedimenti amministrativi delle stesse Regioni.

Se guardiamo più nello specifico la Regione Calabria – ha proseguito il docente – troveremo degli elementi interessanti. Innanzitutto il riferimento alla partecipazione è inserito subito dopo l’identità e le finalità a cui si ispira l’azione regionale, ma prima ancora delle norme attinenti la disciplina degli organi costitutivi. L’articolo 4, infatti, afferma che “la Regione promuove la partecipazione dei singoli, delle formazioni sociali e politiche e di tutte le componenti della comunità calabrese, nonché delle comunità dei calabresi nel mondo, alla vita delle istituzioni regionali al fine di realizzare una democrazia compiuta e lo sviluppo civile delle popolazioni”. La cosa strana – ha chiosato Panzera – è che gli strumenti indicati negli articoli seguenti fanno riferimento ai soli cittadini, dimenticando che una buona fetta della comunità calabrese è costituita anche da residenti non cittadini, i quali quindi vengono esclusi dall’utilizzo di tali istituti. Questo perciò è un aspetto che richiede di essere rivisto.

Tra le forme più interessanti di partecipazione diretta, invece, sono da annoverare i referendum consultivi, non  previsti a livello nazionale. Si tratta di un una consultazione popolare che consente di acquisire un parere che orienti la decisione che gli organi politici devono poi assumere. Questa richiesta tuttavia in Calabria non è mai stata avanzata. Un altro strumento importante previsto dallo statuto e regolato con legge regionale – ma che ha trovato scarsa applicazione – è l’iniziativa legislativa degli elettori e delle autonomie locali. Pur non esistendo nessuna garanzia che il Consiglio regionale approvi tale proposta, tuttavia, esiste la garanzia che se il Consiglio viene sciolto la proposta non decade; e se non è esaminata entro tre mesi, viene iscritta d’ufficio nell’ordine del giorno della prima seduta successiva.

Altre forme di partecipazione di una certa rilevanza sono legate alla e-democracy (democrazia elettronica), e sono certamente degli strumenti molto utili per riequilibrare la distanza nella partecipazione politica tra amministratori e cittadini. Esiste, ad esempio, la possibilità di esprimere pareri via mail su progetti legge esistenti, inoltrandoli ai proponenti o agli altri consiglieri; di iscriversi a una mailing list del Consiglio regionale per ricevere informazioni sull’andamento dei lavori relativi a una certa proposta di legge; di avanzare via mail una proposta di argomento da legiferare che i singoli cittadini possono fare ai consiglieri. È prevista, inoltre, la possibilità di manifestare opinioni, segnalare disservizi, sollecitare il dibattito su determinate problematiche all’interno di un forum appositamente costituito. Inoltre lo statuto contempla la figura del difensore civico, che, sebbene in attesa di una legge di attuazione, può diventare il punto di ricezione delle segnalazioni dei cittadini.

Tutte queste forme di partecipazione attiva possono avere un peso in termini di controllo sullo svolgimento dell’attività pubblica. Sono infatti degli strumenti che se usati in modo “massiccio” e collettivo possono realizzare molto più di quanto consente la mera espressione di voto ogni cinque anni. Il loro grado di utilizzo – ha precisato, concludendo, il prof. Panzera – finora è stato basso, ma una buona formazione politica, intesa come educazione alla cittadinanza attiva e all’interessamento al bene comune, può trovare in questi istituti un canale molto più promettente di quanto lo sia attualmente. Gli strumenti di partecipazione allargata all’attività decisionale regionale sulla carta ci sono, sta al grado di interesse della collettività poterli utilizzare e far sentire che la comunità è partecipe dei problemi regionali. E se il cittadino è vigile e attento nelle cose piccole, è un cittadino che fa funzionare anche la macchina statale.

 

Vittoria Modafferi