È un atto di fede profonda la nonviolenza, che va alla radice delle situazioni, guarda le persone e non le cose, per incidere nei cuori. È questione di solidarietà, di empatia, nasce dalle azioni costruite giorno per giorno. Su un piano più ampio è soprattutto elaborazione di un’alternativa, in cui lo sforzo di costruire è più importante dell’opposizione alla situazione attuale. Una politica nonviolenta, infatti, ha la capacità di affrontare le strutture e di trasformarle in profondità.
Questi ed altri aspetti della non violenza sono stati sviluppati in occasione della Prolusione ai corsi dell’Istituto di formazione politico-sociale “Mons. Lanza”.
Illustre relatore dell’evento che si ripete da anni, un’occasione di incontro aperta alla cittadinanza, il prof. Antonino Drago – docente di Difesa civile non armata e non violenta del corso di laurea di Scienze per la pace all’Università di Pisa. Nel saluto introduttivo Monsignor Vittorio Mondello – presidente della scuola diocesana – ha elogiato il contributo di esperienza e di insegnamento apportato dall’Istituto, che ultimamente è stato preso a modello da altre realtà diocesane.
L’Arcivescovo ha quindi augurato un anno sociale proficuo per i numerosi corsisti, auspicando che tutta la città possa beneficiare delle ricadute positive offerte dall’Istituto di formazione, in una società in cui spesso nemmeno i politici conoscono bene il significato e l’importanza della politica.
La prof.ssa Francesca Panuccio – direttore dell’Istituto – ha ribadito che la scuola di formazione politica si è rivelata negli anni una felice intuizione, la cui formula vincente consiste in una presenza costante, fedeltà all’impegno e capacità di fare rete.
“Autorità, giustizia, nonviolenza. Da Sud ” è l’impegnativo argomento scelto – ha sottolineato la Panuccio – «tema da sviluppare insieme senza ricette precostituite, e da costruire, come prevede la metodologia dell’Istituto, alla fine di un percorso fatto da incontri, laboratori, seminari, che anche quest’anno la città sembra gradire. I recenti episodi di attualità confermano la necessità di dare la giusta attenzione alla nonviolenza, una cui seria rilettura è affidata al prof. Drago, testimone di resistenza attiva nonviolenta». Il docente, nell’incipit della relazione ha evidenziato che la nonviolenza deve sapere evitare tre tipi di violenza: personale, culturale e strutturale (di cui la disoccupazione è un triste esempio). Il nodo cruciale riguarda la nonviolenza in caso di difesa di gruppo, di attacco alla nazione. Spesso in quelle circostanze la violenza, l’uccidere, sono considerati doveri necessari, sacri e meritori. Sul piano della fede, chi può fare chiarezza è lo stesso Gesù Cristo, che è venuto a “ristabilire il punto”, insegnandoci ad amare i fratelli e finanche i nemici, senza lasciare alcun dubbio su quella parola. Lui stesso ha vissuto in prima persona questo comandamento, soprattutto nel momento estremo della croce. Il non uccidere, allora, è una parola seria, dataci dal Padre che ben conosce la storia umana e ci dona i “consigli” più saggi possibili. La nonviolenza quindi ci insegna a non iniziare quella catena di odio che può portare fino all’omicidio, ma piuttosto a bloccarla dall’inizio, evitando tutte le violenze. La nonviolenza, allora, non è un impegno morale che si compie quando capita, ma è costitutiva della fede cristiana.
Passando su un piano politico, il prof. Drago ha osservato che un nonviolento non può accettare la corsa agli armamenti, alla costruzione di armi di sterminio di massa. Eppure questa sembra la spina dorsale dello sviluppo di tanti Paesi. Tuttavia altre scelte sono possibili, un’alternativa esiste ed è la difesa non armata, associata a un tipo di sviluppo nonviolento. Solo così può nascere una vera politica pluralista, che è in grado di superare i conflitti senza distruggere gli altri, con sacrificio personale, anteponendo l’interesse di tutti all’interesse del proprio sviluppo. E questa è la vera novità che può apportare la nonviolenza. A ben vedere non si tratta di un discorso teorico, perché in Italia stessa abbiamo avuto una prima nascita di politica nonviolenta con la difesa non armata, ovvero il servizio civile. L’esperienza degli obiettori di coscienza è stata un esempio di crescita popolare e democratica di una istituzione nonviolenta che fa politica; un esempio di lotta dal basso che propone una novità, la porta in Parlamento e la fa ufficializzare divenendo legge. La politica nonviolenta quindi ha una sua capacità di intervenire, creando movimenti dal basso che possono costruire un’alternativa: oggi le forme di banca etica, commercio equo e solidale sono alcune iniziative di base già incisive e che possono ulteriormente maturare.
Il prof. Drago ha infine illustrato alcuni studi internazionali che dimostrano come le rivoluzioni nonviolente sono maggiormente vittoriose. Questo assunto – ha precisato ancora Drago – scardina i nostri falsi modi di pensare: la rivoluzione quando è, è nonviolenta, non è distruttiva ma costruttiva. La nonviolenza quando fa rivoluzione non ha armi, ha le mani nude e colpisce la coscienza del dittatore di turno e delle forze repressive che non se la sentono di sparare addosso alla popolazione, e la cui ribellione diventa decisiva per la rivoluzione.
Al termine della relazione, si è dato spazio agli interventi del numeroso pubblico presente nel salone Mons. Ferro della Curia, e alle interessanti precisazioni di un autentico cultore della nonviolenza qual è il professore Drago. Che, prima di lasciare Reggio Calabria, ha voluto incontrare le IV e V classi del liceo scientifico “Leonardo da Vinci”, per offrire il contributo del suo insegnamento e soprattutto della sua esperienza, e per confrontarsi con i giovani su queste tematiche complesse ed esigenti.
Vittoria Modafferi